A proposito di camminare con spirito di osservazione. C’è stato un periodo in cui gli scogli venivano utilizzati come vere e proprie tele, per incidere disegni – più o meno osceni – e frasi, ma anche ricordi della bella stagione.
Buona parte di queste opere d’arte popolari sono oramai andate perdute. Gli scogli sono in mare da mezzo secolo, e sono visibilmente usurati e rovinati, alcuni anche in maniera molto vistosa. Quando vennero posizionati, però, non erano così. Oggi ci sembrano ricoperti di pietre e di ghiaia, in passato invece erano lisci.
Modellati e rifiniti a cemento, la superficie liscia si è lentamente deteriorata lasciando intravedere l’interno pietroso. Alcuni cubi sono bucati, altri spaccati. Addirittura alcuni sono usciti fuori sede, a dimostrazione dell’incredibile potenza del mare anche in un fondale basso come il nostro.
Eppure, qualche esempio di questi disegni si è salvato. L’opera di una mano ignota si trova ancora oggi presso la quinta scogliera, dove su due facciate si trova una leggera mano di cemento, decorata con delle palme e delle scritte. Sulla destra si legge “l’estate”, e sotto un testo meno comprensibile. Sulla sinistra, si intravede quello che sembra un “95”. Sullo scoglio adiacente un motivo quasi identico, più rovinato e quasi impercettibile.
Non sono gli unici esempi, ovviamente. Rimanendo sulle scogliere urbane, e senza andare a prendere in esame quelle del porto, si intravedono ancora insulti o giuramenti d’amore incisi nelle rocce da decenni. Disegni stilizzati di uomini, di animali, quasi come fosse un’antica caverna a cielo aperto.
Geroglifici quasi incomprensibili, frutto di mani ignote che hanno transitato o vissuto qui, al limite tra brutalismo e vandalismo. Oggi questi disegni su cemento sono pochi e mal conservati, e come tante altre cose in questa città, destinati all’oblio ed alla distruzione.
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