“Ci scusiamo e ringraziamo tutti i nostri clienti ma siamo costretti a chiudere la nostra attività, per un breve periodo, non per nostra volontà, ma per la situazione che si sta creando”. Con questo breve messaggio affidato alle pagine facebook di tre noti ristoranti (Sushi Wei 1, 2 e Sushi Panda), è stata annunciata la loro chiusura dal 25 febbraio scorso a data da destinarsi.

Locali che fino al mese scorso (e parliamo di gennaio, un mese piuttosto tranquillo per la ristorazione cittadina) necessitavano di una prenotazione per il fine settimana, e solitamente pieni tanto a pranzo quanto a cena, hanno visto calare drasticamente il loro numero di clienti, tanto da preferire chiudere piuttosto che stare aperti, andando in contro ad una perdita economica sicuramente maggiore.

Non è difficile capire il motivo di questa scelta: l’isteria collettiva per il coronavirus ha contribuito a svuotare i ristoranti solitamente affollati, proponendo questi cucina “cinese e giapponese”. Il collegamento, nella mente dell’idiota, è lineare. Ed a Crotone, evidentemente, non facciamo eccezione.

L’ignoranza viaggia infatti più veloce di ogni contagio, e pur non essendoci alcun nesso logico tra un virus influenzale ed un ristorante orientale, evidentemente la popolazione locale – la stessa che fino a qualche settimana fa si organizzava la “serata sushi” con disinvoltura – deve aver ceduto al ragionamento del “meglio prevenire”. Prevenire cosa, però, rimarrà un mistero.

Sia ben chiaro, non morirà nessuno senza sushi per qualche giorno (anche perché altre tre attività rimarranno regolarmente aperte). Chi rischia di morire, invece, sono le stesse attività di ristorazione, che lavorano e danno da lavorare anche a diversi crotonesi.

Questo è solo un esempio, dei danni reali che causa un’isteria illogica ed inutile. Isteria purtroppo fomentata anche dalla stampa, e che si circonda di tante affermazioni assurde ed infondate, alimentando suo malgrado l’epidemia che dovrebbe invece contenere e ridimensionare.

L’invito non è tanto quello di andare a mangiare tranquillamente quello che vi pare – invito che è sempre valido, dato che nel 2006, all’epoca della SARS, ci fu bisogno di mangiare un pollo in diretta tv per ribadire la totale assenza di pericolo – ma è lo stesso che vi lascia scritto il Manzoni ne I Promessi Sposi: il male peggiore della peste fù la distruzione del vivere civile.

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