Concludiamo questo particolare e movimentato 2023 con la consueta riflessione di fine anno, quella della quale non-frega-nulla-a-nessuno ma che, inevitabilmente, si ripresenta a bussarci in testa al calar dell’ultimo sole dell’anno.
Anno iniziato che andavo a lavorare di notte, con la sveglia alle 4 del mattino. Lo concludo con un tesserino da giornalista (che ancora non ho), ossia la manifesta consapevolezza di perseguire su questa strada, che ritengo la mia professione.
D’altra parte, dopo dieci anni passati a scrivere nonostante tutto, sarebbe davvero da pazzi non focalizzarsi su questo lavoro. Al netto di tutte le difficoltà che può nascondere.
Se c’è una cosa – una sola – che ho imparato in questi 365 giorni, è che bisogna prendere tutto come viene. Lo so, anche questa è una frase clichè, una roba ripetuta alla rinfusa. Ma credo sia vero. A fare troppi programmi si esce pazzi, e qui da noi (sopratutto qui da noi) non si ottiene quasi niente.
Ma al netto di ciò, per me è stato anche un anno di impegno. Dell’impegno lavorativo, certo, ma anche professionale e sociale. Perché prendere tutto come viene non vuol dire non fare un cavolo dalla mattina alla sera. Così facendo si marcisce prima del tempo.
Impegni che mi hanno confermato – come se ce ne fosse bisogno – che in fin dei conti questa è casa mia, e sebbene tante volte abbia semplicemente voglia di fare le valigie e sparire, questa è la mia terra e qui conto di rimanere. E ce la metto tutta per riuscirci.
L’anno che verrà, per me, sarà un anno per consolidare queste situazioni. Come al solito non ho pronostici da fare, se non uno: continuare a prendere tutto come viene.
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