Mattinata in Tribunale, dove ho il piacere di trascorrere una lunga attesa con altre persone colloquiali. In particolare una signora, che dalla Romania si è trasferita a Strongoli, e che attendeva anche lei il suo turno ma per una questione diversa: il divorzio.
È stata lei stessa a prendere il discorso, dimostrandosi molto aperta nel raccontare la sua versione dei fatti. Con altri due matrimoni (ed altrettanti divorzi) alle spalle, questo era il primo caso che affrontava in Italia, e non era affatto contenta. Perché, a suo dire, in Romania le cose funzionano molto meglio.
Se sia vero o meno non posso dirlo, ma sembrava quantomeno sincera. A suo dire funzionerebbe così: fai istanza di divorzio, l’altro coniuge la sottoscrive, si paga il dovuto e si è di nuovo liberi, ognuno per la sua strada, senza vincoli di alcun tipo. Una realtà ben diversa dall’Italia, dove si perde tempo per mantenimenti e risarcimenti, che lei avrebbe categoricamente rifiutato.
“Se divorzio da mio marito è perchè non lo voglio più. Io vado a lavorare, torno a casa ogni anno, non mi servono i suoi soldi. Perché una donna che lavora deve chiedere il mantenimento? Non è giusto” mi spiega. Per poi partire con una notevole reprimenda contro le donne italiane, che “non vogliono fare niente” ed ambiscono ad “essere casalinghe” per “farsi mantenere”.
“Per questo qui funziona tutto male. L’Italia è bella, la Calabria è bella, ma è tutto un mangia mangia. Sempre soldi, per ogni cosa. Da noi invece in un pomeriggio divorzi. Noi una volta eravamo così, ma oggi è diverso. Ed è un peccato” continua. Poi finalmente è il suo turno, ed entra in ufficio lasciando un silenzioso vuoto nel corridoio.
Vero o meno che sia questo discorso, mi è rimasto impresso come sempre più persone provenienti da paesi una volta considerati poveri abbiano la stessa idea dell’Italia: un paese che non funziona. Dove non vale la pena far vivere i propri figli, al punto da riportarli in Romania. Un punto di vista che dovremmo tenere in considerazione.
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