Ultimamente, sempre più spesso, mi capita di leggere frasi apparentemente errate, sbagliate, soluzioni a problemi di genere che negli ultimi tempi si prova a risolvere con titoli e definizioni linguistiche.
Oggi per esempio mi è capitato sotto gli occhi un bits del Post, in cui viene usato, nel titolo, l’espressione “la pubblico ministero“. Una scelta voluta e che posso anche inquadrare nell’ottica dei cambiamenti linguistici in corso, che tuttavia non può che continuare ad apparirmi come un grossolano errore.
Sarà un retaggio degli insegnamenti scolastici, ma l’articolo si riferisce alla carica istituzionale (in questo caso, ma può anche essere la professione, il corpo di appartenenza eccetera) e non alla persona in sè. È un po’ quanto già detto in occasione dell’elezione della Meloni, che ha categoricamente rifiutato l’espressione “la presidente“.
Personalmente non mi affascinano queste pretese linguistiche, nè mi appassionano i dibattiti su tutte le fesserie inclusive come la schwa o il ben più antico uso dell’asterico. C’è quell’intrinseco plurale neutro nella lingua italiana che già sopperisce a tutte queste cose, più mode temporanee che battaglie per i diritti.
Detto questo, è degno di nota il fatto che un giornale in Italia punti e prosegua su una strada differente rispetto a tutti gli altri. Almeno questo gli fa onore.
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