Lo so, tre post di fila sulla morte di Gorbaciov sono noiosi, ma oggi è da segnalare un fatto interessante: l’edizione odierna de Il Manifesto ha riportato un piccolo inserto speciale per commemorare il fatto, dopo che non ne era stata data notizia neppure sul portale online.
In particolare, mi hanno colpito due aspetti: il trattamento riservato a Gorbaciov all’epoca (con tanto di sbeffeggio della “macchia di Coca-Cola“) e le scuse postume avvenute oggi, a due giorni di distanza dalla morte. Si, scuse: con tanto di articolo dedicato proprio a questo.
Il riconoscimento dell’operato di Gorbaciov è importante, anche in ambiente comunista. Il fatto di aver messo fine all’esperienza sovietica rappresenterà uno stigma eterno, ma il giudizio sul perchè delle sue azioni è un argomento ancora poco dibattuto, spesso causa di scontro tra le frange più estreme.
L’illusione di un soviet eterno, però, era chiara alla popolazione di quegli anni. Mentre i partiti discutevano, avevano perso il contatto con la gente che volevano rappresentare. E Gorbaciov fece sostanzialmente questo: chiese ai sovietici quello che volevano. E molti di loro vollero l’indipendenza, preferirono staccarsi dalla “madre russia” e trovare una loro strada.
È questa una colpa? È questo un crimine? Oggi sappiamo che un crimine sarebbe stata la situazione inversa, ossia il mantenimento forzoso di popoli e paesi in un unione che non volevano. È quello che continua a fare la Cina (ma non solo: non dimentichiamo il caso esemplare di Israele), in evidente violazione della tanto decantata libertà di autodeterminazione.
È bello leggere questi commenti, oggi, sul Manifesto. Ma fa male leggerli col morto ormai freddo. Dopo anni di indifferenza, di attacchi frontali, di schernimento, di screzi e fastidi. Anche se per adesso, è l’unico gruppo comunista ad aver fatto (finalmente) il giusto passo.
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