In questi ultimi mesi si è molto parlato del distacco che c’è tra il parlamento italiano ed il paese. Un distacco reso evidente – ad esempio – con le firme per i referendum su eutanasia e cannabis, che dimostra come ci sia una parte di popolazione ben più proiettata al futuro rispetto alla classe politica, che paradossalmente dovrebbe rappresentare proprio gli elettori.
Mi riferisco ovviamente a quanto accaduto in Senato poco fa. A quanto si apprende, il Decreto Legge Zan è stato bocciato per pochi voti. Uno scenario ipotizzato in queste ultime ore, ma ritenuto un po’ da tutti poco plausibile, dopo un iter praticamente condiviso e caratterizzato da un discreto sostegno.
L’esile maggioranza su cui poteva contare l’asse giallo-rosso si è frantumata. Ancora poco chiara la dinamica del voto, e sopratutto quanti (e quali) franchi tiratori abbiano agito. L’esecutore però sembra essere Italia Viva, che già si è predisposto ad una alleanza con il centro-destra (come evidente da alcune alleanze alle scorse amministrative).
In questi attimi concitati – in cui i giornali continuano a sparare cifre spesso discordanti – non si capisce molto. Abbiamo visto la squallida esultanza da stadio fatta dall’emiciclo della destra, saltato in piedi ad urlare ed applaudire. E tanto basta per ricordarci di un fatto che spesso dimentichiamo: la politica viene prima dei diritti. Politica e diritti non vanno mai di pari passo.
Ne abbiamo numerose riprove in svariati ambiti, a più riprese del tempo. Daltronde, non fù la politica a promuovere leggi storiche come il divorzio o l’aborto: fu sempre il popolo a chiederlo a gran voce, e la politica dovette cedere. Altrimenti, saremmo (probabilmente) a discuterne ancora oggi, dato che c’è chi ciclicamente propone di abolire tali conquiste.
Questo perché la politica è una questione di equilibri. Il voto di ieri non è da intendersi contro la comunità LGBT (nonostante siano le vittime in prima linea della mancata approvazione della legge), ma a favore di equilibri interni in vista delle prossime votazioni. A livello nazionale si stanno formando, per l’appunto, nuovi equilibri: ed il voto di oggi è stato un banco di prova per testare nuove “alleanze”.
Alleanze funzionali a cosa? Al voto per il Quirinale? Al dopo-draghi? Lo scopriremo presto. Su questo tavolo, però, sono stati sacrificati i diritti, al pari di come avviene nei paesi più oscurantisti del momento (vedasi Ungheria, Polonia, ma anche Romania).
La libertà sessuale, nel 2021, è ancora un concetto sacrificabile. Sopratutto quando si tratta di riconoscere, pubblicamente, che c’è un problema di intolleranza.
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