In Calabria non capita spesso che un pubblico ministero aumenti le pene richieste dall’accusa. Anzi, spesso e volentieri accade il contrario. Oggi invece passerà alla storia come una di quelle volte che succede, ed anche in maniere eclatante: non nei confronti di un criminale o di un mafioso, ma nei confronti di Mimmo Lucano.
Possiamo stare a discutere per ore, di quanto sia giusta la giustizia, imparziale ed equa. Ma poi capitano esempi come quello di oggi, quasi a ricordarti che tutte le belle parole non sono altro che… belle parole. Succede ad esempio che l’accusa di scambio elettorale politico-mafioso viene punita con 5 anni e 4 mesi di reclusione, mentre i presunti illeciti (definiti ancora presunti) su immigrazione clandestina e gestione amministrativa con 13 anni e 2 mesi.
Una sproporzione enorme, specialmente se si considera che l’accusa, per Lucano, aveva chiesto 7 anni. Raddoppiare la condanna è una mossa estremamente politica, forse anche un po’ una risposta ad altre condanne piovute nei giorni scorsi.
Non è un caso, il gran parlare della sbandata di Luca Morisi, con le fonti istituzionali che si affrettano a definire il tutto “una cosa da poco”. Il tutto parte ad una settimana dal voto, e succede che anche in casi di processi programmati – come in questo caso – c’è qualcuno che cerca di forzare la mano. Se l’indagine su Morisi ha dato una spallata non indifferente alla Lega, specialmente per quanto riguarda le amministrative, la sentenze su Lucano ha di fatto annientato ogni possibilità di vincita del centro-sinistra in Calabria.
Far finta che non sia così, vuol dire essere ciechi, o peggio ancora consapevoli e conniventi. La vittoria di Occhiuto – nonostante i numerosi esponenti politici interdetti – era già cosa nota e scontata. Ma in un gioco dove occorre bilanciare le parti, ecco che le procure intervengono arbitrariamente a vantaggio o a svantaggio di qualcuno. Insomma, contribuiscono ad intorbidire le acque, già poco limpide.
Tanto, che gliene frega? Siamo ancora all’inizio di un processo che prevede almeno altri due gradi di giudizio. Se ne riparlerà tra qualche anno. Nel frattempo, l’obiettivo di comodo era quello di fare casino, piantare una grana e creare un danno nell’immediato. Poco importa se tra qualche tempo verrà appurato l’esatto contrario: oggi era importante avere qualcuno contro cui puntare il dito, a prescindere.
Ribadisco, infine, quanto ho già espresso: personalmente ritengo che alcune condotte messe in atto da Lucano siano al di sopra della legge. Condivido quanto dice, ossia che è stato fatto a fin di bene, ma ciò non basta: favorire situazioni di comodo è un reato (il favoreggiamento, appunto), per quanto possa condividere l’ideale incarnato da Riace. Detto questo, però, Lucano più che il dominus è diventato il capro espiatorio, sacrificato per le destre ed abbandonato dalla sinistra.
Ci riaggiorneremo al secondo grado.
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