In questi giorni di apprensione e di paura, si sta riscoprendo il valore della sanità. Il lavoro di chi sta in corsia a salvare vite umane anche di fronte a dei virus sconosciuti non ha prezzo, ed è in grado di eclissare ogni polemica e battibecco. La situazione straordinaria infatti richiede uno sforzo straordinario, ed anche le strutture più all’avanguardia si trovano in uno stato di forte stress, al limite delle loro capacità, e tragicamente ad un passo dal collasso.
Fortunatamente, anche in questo caso la solidarietà popolare non è venuta meno: sono numerose infatti le donazioni fatte ai vari ospedali italiani, sia come denaro sia come strumenti e beni di necessità, e tutti i presìdi nazionali (compresa l’ASP pitagorica), vista la siturazione complessa, hanno messo a disposizione degli IBAN per raccogliere delle donazioni spontanee.
Differentemente da quanto si potrebbe pensare, le donazioni popolari vengono utilizzate fin dagli albori del sistema sanitario nazionale per svariati motivi. Servivano, ovviamente, per far fronte alle situazioni di emergenza, alle epidemie o a gravi incidenti che coinvolgevano numerose persone. E nel meridione servivano anche – o sopratutto – per garantire il servizio di base, il funzionamento stesso del nosocomio, spesso affidato ad istituti religiosi o “associazioni” non dotati di apparecchiature mediche.
A tal proposito, è quanto mai opportuno in questo periodo rispolverare una storia poco conosciuta: la prima tombola telegrafica a favore dell’ospedale civile di Cotrone. Evento del quale sembra essersi persa ogni traccia, e del quale rimangono a memoria solo le interrogazioni parlamentari dell’epoca ed l’autorizzazione prodotta dalla stamperia reale.
Prima di tutto, però, è sicuramente opportuno rispondere alla domanda che vi sta passando per la testa: cos’è una tombola telegrafica? Un gioco molto simile alla tombola che tutti conoscete, svolto però su tutto il territorio nazionale. Il Regno stabiliva la data di una estrazione, fissava il montepremi complessivo e decideva il numero massimo di cartelle vendibili alla popolazione, nonché il loro prezzo (generalmente fissato ad 1 lira per cartella, almeno fino agli anni ’20). Una volta annunciato il tutto, dava mandato a dei veri e propri agenti per “piazzare” tutte le cartelle.
Cartelle che erano molto diverse rispetto a quelle di oggi: il giocatore infatti doveva scrivere di suo pugno dieci numeri con cui tentare la sorte (a differenza delle cartelle moderne, con quindici numeri casuali prestampati). Inoltre, non esistevano ambo, terno, quaterna e cinquina: si vinceva solo con la tombola, ossia azzeccando tutti i numeri, salvo particolari disposizioni evidenziate di volta in volta nei vari regolamenti. Infine, il montepremi veniva comunque diviso in più parti, nell’eventualità di più vincitori.
L’estrazione veniva effettuata a Roma, ed i numeri estratti venivano comunicati telegraficamente ad ogni prefettura, che li girava poi, sempre telegraficamente, ai vari comuni interessati. Da qui, il nome “tombola telegrafica”.
Le tombole infatti venivano impiegate dal Regno per raccimolare denaro tramite il gioco (al pari di quanto accade ancora oggi), che in base ad un semplice calcolo riusciva a guadagnare anche proponendo dei jackpot allettanti. Inoltre, venivano concesse dal Regno alle società di soccorso per raccogliere fondi per ospedali, istituti, strutture per malati ed indigenti, ed altre situazioni di necessità. Con queste concessioni, il Regno rinunciava alle tasse sulla tombola, e garantiva l’intero introito della vendita delle cartelle alle società interessate.
Compreso il funzionamento del giuoco, veniamo alla nostra storia. A cavallo del 1900 l’ospedale San Giovanni di Dio di Cotrone, da poco trasferitosi dai locali dell’ex Municipio alla nuova struttura sita lungo Via Poggioreale (dove oggi si attende l’ultimazione del teatro comunale), era gestito dalla Congregazione di Carità cittadina. La congregazione viveva di offerte e donazioni, e con queste cercava di provvedere ai bisogni dei malati. Nonostante gli sforzi, l’ospedale non era dotato di alcun macchinario “moderno”, non era dotato neppure di barelle per trasportare i malati, ma fornito solo di letti e ampolle di medicinali generici.
In quegli anni l’aumento demografico – che portò la popolazione a raggiungere quota 10.000 – rese necessari numerosi interventi e lavori pubblici, e l’ospedale non poteva essere escluso: le sole donazioni, per quanto generose potessero essere, non potevano bastare per tutti. Così, nel 1906 venne discussa alla Camera – per la prima volta – la possibilità di concedere una tombola telegrafica per l’ospedale. Ma la richiesta, avanzata dal parlamentare crotonese Alfonso Lucifero, venne respinta.
Venne approvata così una tombola con un montepremi di 500.000₤, una cifra piuttosto alta per l’epoca (anche in confronto ad altre tombole concesse nello stesso periodo) che oggi corrisponderebbe a circa 2.000.000€.
Immaginate la felicità e la gioia, in città, al momento della notizia. Felicità che però dovette scontrarsi ben presto con le classiche, immancabili lungaggini burocratiche. L’estrazione si svolse solo il 30 giugno 1921, ossia 12 anni dopo la sua approvazione alla Camera, ben 14 anni dopo la sua prima proposta ufficiale. In quella data vennero accorpate le estrazioni di quattro istituti di beneficenza: quelli di Cotrone, Modica, Pordenone e Ronciglione.
Ad oggi, non sappiamo altro a riguardo. L’archivio storico comunale non dispone di documenti in merito, né i vari testi di riferimento riportano alcuna notizia. Non sappiamo quanto riuscì a raccimolare effettivamente l’ospedale, che nel frattempo si mosse autonomamente per procurarsi quanto necessario e progettare i dovuti ampliamenti.
Questa è solo una delle tante storie dimenticate di questa città, che oggi come non mai vale la pena riscoprire non solo per le particolari assonanze con le necessità di questi giorni, ma anche per l’importanza che ebbe a suo tempo.
Lascia un commento Annulla risposta