Alla fine, è successo. L’indiscrezione pubblicata qualche giorno fa è ben più vecchia di quanto si pensi, ed in un certo senso rispecchia la sorte dei Curdi, perennemente usati e abbandonati. E di fatti, ci si aspettava un progressivo abbandono di quell’esercito – e di quella popolazione – che ha combattuto e contrastato attivamente l’Isis, laddove nessun esercito regolare era riuscito.
Il ritiro di numerosi soldati americani (successivamente ridimensionato) dalla Siria ha dato il via libera alla Turchia, che non ha aspettato altro che il comunicato mezzo stampa di Trump. In meno di qualche ora, l’avanzata militare nel nord-est del paese, che prende il nome di “Sorgente di Pace”, si è resa necessaria per “scacciare terroristi ed estremisti”. Ma di fatto, si tratta di un’operazione contro quello stato transfrontaliero, il Kurdistan, che i curdi stessi speravano di vedersi riconosciuto dopo anni di lotte.
Mai la Turchia avrebbe invaso un paese straniero dove operavano attivamente gli alleati. Ma la situazione nel nord della Siria è ben più complessa, e non riguarda solo gli americani: li operano anche i Russi, ed anche loro preferiscono non immichiarsi nella faccenda. In fondo, dei Curdi non importa a nessuno, ed ora rappresentano solo un buon capro espiatorio da sacrificare sul tavolo delle trattative geopolitiche internazionali.
Svanirà definitivamente, dunque, il sogno del Kurdistan? Il vile attacco militare destabilizzerà non poco quel pezzo di mondo già devastato dai recenti conflitti, e sebbene sia stato condannato da tutto il mondo, nessuno impedirà alla Turchia di continuare in questo massacro. Non ci resta che attendere un beneplacido della NATO, ed una richiesta di intervento dei caschi blu.
Un copione già visto, dunque, dove oggi tutti si schierano “a difesa” dei confini della Siria. Destra e Sinistra sono coese nel condannare “l’invasione” (e, sorprendentemente, anche i vari partiti comunisti si schierano, al pari dell’estrema destra, a sostegno della Siria di Assad) di uno stato che di fatto non aveva più il controllo dei propri territori. Insomma, ci siamo già dimenticati del Kurdistan, di quello stato che doveva nascere proprio li, in quei territori abbandonati e nelle mire di conquista di Erdogan già da tempo.
La guerra andrà avanti, nell’unanime condanna tanto quanto nell’unanime indifferenza. In fondo, che ci importa di quella gente? È un problema loro. Se lo risolveranno loro. Con buona pace delle promesse, delle aspettative, e dell’impegno dimostrato in questi anni.
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