Quando si parla di Rino Gaetano, oggi, lo si associa subito alla città di Crotone. È divenuto un vero e proprio simbolo, omaggiato dalla popolazione, dai più giovani e dalle istituzioni. Un simbolo di cui andare orgogliosi, fieri, da ricordare, da commemorare, da far risplendere e rispettare. Tutti si vantano di essere nati “nella città di Pitagora, ma anche di Rino“.
Questo accade oggi. Ma non è sempre stato così: c’è stato un periodo in cui la stra-grande maggioranza degli abitanti di Crotone e del suo circondario non vedevano di buon occhio il cantautore. Ostilità che, a dire il vero, prosegue ancora oggi, seppur in forma minore, e che é nata da presunte affermazioni che inferocirono la folla, tanto da creare un “clima di tensione” che allontanò definitivamente il giovane talento dalla città.
La colpa di Rino fu quella di aver detto di sentirsi “più romano che crotonese”. Parole che vennero fraintese, come ripeterono più volte i suoi familiari, ma che accesero un fuoco d’odio implacabile che marchiò per sempre il cantautore. Parole che vennero pronunciate, incredibilmente, nel corso dell’unico concerto che Rino Gaetano tenne a Crotone.
Il concerto si svolse nello stadio comunale Ezio Scida. Anche sulla data dell’evento esiste una piccola diatriba: c’è chi sostiene che fosse il 23 Agosto del 1978, e c’è chi sostiene che fosse il 28 Agosto del 1978. Io credo che la data corretta sia il 28 Agosto, così com’é universalmente attestato e ricordato. Il 23 Agosto del 1978 infatti Rino Gaetano avrebbe dovuto partecipare al Discomare, ma rifiutò di esibirsi perché gli venne chiesto insistemente di non cantare il brano Nuntereggae più. Percepito come un tentativo di censura, il cantante rifiutò di salire sul palco.
Ad ogni modo, il concerto serale allo Scida non andò affatto bene. Il pubblico se la prese prima con l’amministrazione – per le condizioni del campo sportivo – e poi con il cantante. Il palco era posizionato a centrocampo, e gli spettatori assistevano dai distinti. Ci sono diverse testimonianze di cosa disse Rino da quel palco, ma sono tutte “memorie”: pare non ci sia alcuna foto, né alcun video, di quell’evento.
Oltre ai diversi commenti reperibili online ho pensato di chiedere un po’ in giro, e sono riuscito a trovare una fonte decisamente attendibile: un gentile signore di poco più di settant’anni, che partecipò al concerto e dice di ricordarsi “abbastanza bene” cosa accadde.
Si era fatta una grande pubblicità del concerto, vennero appese delle locandine e tutti ne parlavano. Si sapeva bene chi era, anche perché lo avevano inquadrato tutti come uno famoso. Come al solito ci furono gli entusiasti ed i contrari, e questi erano di gran lunga di più. Gli strappavano i manifesti per strada, lo imitavano in modo volgare, lo prendevano in giro. La sera che si è esibito gli hanno tirato anche qualcosa addosso. Non c’erano molte persone ad ascoltarlo, anche se più di qualcuno era sceso dai paesi. Venne fischiato, ad un certo punto sbottò e fu sommerso di nuovo dai fischi. C’era anche della polizia, tipo per sicurezza. Non so se finì il concerto, perché noi come tante altre persone lasciammo lo stadio prima del tempo. Non lo lasciavano cantare in santa pace.
Insomma, non proprio il massimo dell’ospitalità. Pare che ad accendere i risentimenti furono delle voci riguardo al fatto che il cantautore avesse preferito “godersi la fama” invece di restare in città. O ancora, gli veniva recriminato il fatto di non aver dedicato alcuna canzone alla città. Si sparse dunque la convinzione del “tipo-chic”, che non voleva avere niente a che fare con “il popolo”, con la gente comune. Uno stigma ancora oggi presente, nel mondo dell’arte.
Ma cosa venne detto per incrinare del tutto un rapporto già deteriorato? Sempre secondo le poche e frammentarie memorie reperibili online, pare (e sottolineo, pare) che il Gaetano abbia detto, dopo i primi fischi, che “hanno aperto le gabbie“. Provocata la prima reazione del pubblico, provò a stemperare gli animi, finendo per pronunciare la fatidica espressione “mi sento più romano che crotonese“, o “più romano che calabrese“. Sommerso dai fischi, avrebbe aggiunto anche “pensavo che qui fosse cambiato qualcosa, ma non è così“, provocando ulteriori malumori tra gli spettatori.
Ci tengo a ripeterlo: sono frasi che non possiamo attribuire con assoluta certezza al cantautore. Sono frutto di memorie storiche, e per tanto come tali vanno considerate.
Sappiamo comunque che, bene o male, riuscì a cominciare a cantare, e venne ripetutamente ostacolato da cori e lanci di oggetti. Dovette arrivare la polizia, nel tentativo di calmare gli animi. Diverse radio locali stavano trasmettendo l’evento, mentre pare che nessuno si prese la briga di registrare nulla. Non sappiamo se finì il concerto, ne sappiamo se ci fossero dei biglietti o il loro eventuale costo. Si tratta di un evento rimosso dalla memoria collettiva.
Ma non è che non ci piacevano le canzoni, non ci piaceva lui. Sembrava il classico pezzente arricchisciuto no, quello che si deve mettere in mostra. Questo non piaceva di lui, secondo me.
Aldilà di ogni considerazione possibile, c’è da dire che, ancora oggi, sono in molti ad avere lo stesso pensiero di un tempo, specialmente tra i più anziani. Ancora oggi gli viene rimproverato di “non aver mai avuto belle parole per noi”, o di “non essersi mai speso per la città” avendo preferito “fare la bella vita a Roma”.
Tante parole, orribili, che rispecchiano un tipico modo sbagliato di affrontare le cose. Ma daltronde, com’è che si dice? Nessuno è profeta in patria.
Rino Gaetano morì qualche anno dopo, nel tragico incidente d’auto che lo condannò prematuramente alla scomparsa. A Crotone, così come a Cutro (paese di origine della sua famiglia, che da tempo ne “rivendica” la paternità) non ci si curò della morte del giovane, e nessuno si mobilitò per commemorarlo oltre le dovute comunicazioni ufficiali. Solo a distanza di un decennio dalla sua morte arrivò una prima, sottomessa “revisione” delle idee che fino ad allora avevano influenzato il grande pubblico.
Nel corso degli anni ’90 la figura di Rino Gaetano iniziò ad essere lentamente riabilitata nella sua Crotone. Non sempre per mano dei crotonesi: ad esempio, in pochi sanno che la canzone Ma il cielo è sempre più blu è stata dapprima l’inno ufficiale della Sampdoria, e che molto fecero gli ultras di quella squadra per diffondere il “mito” di Rino, anche dalle nostre parti.
La figura di Rino Gaetano ha contribuito a scrivere una pagina di storia della musica e dell’Italia. E questo, aldilà di quello che poteva pensare o di quello che ha potuto dire, è ciò che resta del suo percorso umano e artistico su questo mondo.
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