C’è poco da fare: buona parte dei crotonesi, quando ha a disposizione abbastanza tempo per farsi nà bella passiàta, decide di arrivare sul lungomare passando dalla margherita, magari non disdegnando una toccatina alla villa comunale. Si tratta ormai di un percorso definito e diffuso, nonché di una vera e propria routine per gli appassionati sportivi.
In fondo, Viale Regina Margherita rappresenta una delle vie più caratteristiche di Crotone, e permette non solo di sfiorare il centro storico arrivando a toccare con mano il Bastione Santa Caterina del Castello di Carlo V, ma ci permette di camminare letteralmente sul percorso che seguiva una parte del vecchio muro di cinta.
La storia è tanta, e fortunatamente oggi sono presenti numerosi servizi in più che ti invogliano ad usufruire di una delle zone più verdi della città. Ed a proposito di verde, tra tutte le storie ce n’é una che probabilmente abbiamo sentito e dato per vera: quei grandi alberi su Viale Regina Margherita sarebbero alberi secolari.
In realtà si tratta di piantumazioni piuttosto recenti, che tuttavia hanno risparmiato alcuni degli alberi realmente secolari presenti sul viale, e che godono sorprendentemente di buona salute. Insomma, partiamo da questa doverosa “correzione” per riscoprire quanto basta la storia del viale.
La storia del viale inizia indirettamente nel 1867. Fino ad allora, le mura di cinta – ed i rispettivi bastioni, Nigro e Villafranca – erano bagnati direttamente dall’acqua di mare, e “protetti” da numerosi scogli che rendevano particolarmente sconsigliata la navigazione.
A seguito dell’Unità d’Italia cambiarono molti aspetti dell’amministrazione e dell’organizzazione pubblica, e l’introduzione della Legge Lanza, il 20 Marzo 1865, sancì un’irreversibile modifica per moltissimi centri abitati. Questa infatti prevedeva misure più stringenti per quanto riguardava la sanità pubblica, e consegnava al Sindaco l’onere di verificare e bonificare le aree insalubri del proprio comune.
Fù così che nel 1867 l’allora neo-sindaco Raffaele Lucente annunciò di voler abbattere una parte delle mura di cinta – quelle che seguivano l’attuale Discesa Fosso – per “motivi igienico sanitari”, in quanto quelle alte mura a ridosso delle case avrebbero influito negativamente sulla salute dell’abitato. L’abbattimento delle mura avrebbe permesso di “ripulire” l’aria dei vicoli – in quegli anni si diffuse l’idea che l’aria di mare facesse bene alla salute – eliminando muffe, odori e marciumi vari.
Aldilà dell’aspetto puramente sanitario, c’è anche da dire che Lucente fù un amministratore all’avanguardia per l’epoca, e predispose la città – che allora era ridotta alle sole mura di cinta – ad una serie di cambiamenti urbani non indifferenti. Tra le varie cose, era solito affermare che le mura di cinta fossero un “retaggio di un’epoca di barbarie“, e non vedendole di buon occhio cercò in più occasioni di demolirle o di riconvertirle.
Abbattute le mura si creò tutta una nuova area, che fino ad allora era un semplice terrapieno abbadonato. Quell’area diventerà, in seguito, la Villa Comunale. Il terreno in eccesso venne smottato, e portato a valle servì per realizzare un sentiero. Le mura di cinta potevano finalmente essere “circumnavigate”, e la città non solo si dotò di un nuovo accesso, ma anche di un collegamento che permetteva di raggiungere più facilmente la marina.
Il nome Viale Regina Margherita invece arriverà solo successivamente, ossia nel 1878, a seguito della proclamazione – appunto – della nuova Regina Margherita di Savoia. Visto il popolare apprezzamento nei suoi confronti (diffuso in tutto il regno) si decise di adornare il tratto di strada per trasformarlo in un viale. Si decise dunque di piantare ben due file di alberi, in modo da realizzare una zona di passeggio accessibile a tutti.
Ma attenzione: oggi siamo soliti pensare che gli attuali alberi, ossia dei platani, siano gli alberi che vediamo nelle foto di allora, definendoli erroneamente come “secolari”. Ma non è così. In realtà all’epoca il platano era una pianta piuttosto diffusa nelle grandi città, mentre i piccoli centri – specialmente al meridione – impiegavano esclusivamente flora locale. Tant’è vero che i primi alberi piantata su Viale Regina Margherita a Crotone furono dei lecci.
Per intenderci, è lo stesso albero piantato sul lungomare cittadino nel 2003, più comunemente detto “quercia”. Si tratta infatti di un albero spontaneo presente in tutto il crotonese, tanto da essere incluso addirittura nello stemma del comune e della provincia. Vennero prelevati dal marchesato e piantumati lungo il viale, e solo in concomitanza di alcuni monumenti vennero piantati alberi diversi.
Non sappiamo con certezza quando vennero piantati, dato che sono visibili in tutte le foto a partire dai primi del ‘900. Nè sappiamo con certezza quando vennero sostituiti dai platani, anche se possiamo farci un’idea. Il viale infatti subì una serie di profonde modifiche a ridosso della Seconda Guerra Mondiale. Dapprima venne creata una seconda corsia, poi venne realizzato un ulteriore sentiero poco distante (l’attuale Via Miscello da Ripe). Nel mezzo, vennero costruite le “casermette”, assieme ai binari ferroviari con relativo scalo. Insomma, la conformazione della strada cambiò, e probabilmente gli alberi, già ben radicati, vennero semplicemente rimossi.
A partire dagli anni ’40 il platano si diffuse massivamente in tutta Italia, arrivando ad adornare anche i centri più piccoli. Si iniziò a ritenere che fosse un “super albero”, ossia uno dei migliori per ripulire le città dallo smog. Anche per questo motivo, oltre che per la sua predisposizione al clima mediterraneo ed al suo prezzo a buon mercato, il platano giunse anche a Crotone, prendendo il posto dei lecci.
In questa foto, scattata nei primi anni ’60, si può vedere già delineato l’attuale tracciato della stada. Si può distinguere, in primo piano sulla destra, l’attuale Parco Baden Powell, ma sopratutto si può osservare la differenza tra gli alberi. Quelli più cresciuti, sulla sinistra, sono dei lecci, piantati a fine ‘800, mentre quelli più piccoli sono i platani, piantati “solo” qualche anno prima.
La cosa più sorprendente di questa foto, però, è un’altra. Quei lecci che vedete si trovano ancora li, e potete osservarli tutt’ora, andando a farvi un giro sulla Margherita. Sono loro gli alberi più vecchi, sebbene i platani siano di statura decisamente più imponenete, tanto da sembrare per certi versi più vecchi. In totale, ci sono 5 lecci secolari su Viale Regina Margherita, sopravvissuti alle mani dell’uomo e del tempo.
Il platano però piacque, e tra gli anni ’50 e ’60 venne utilizzato praticamente in tutta la città. Venne piantato sul lungomare, al cimitero, in centro, nelle periferie e nei nuovi quartieri. Sostituì gradualmente ogni pianta locale (siliquastro, faggio, eucalipto ecc). Oggi il platano è un simbolo distintivo e caratteristico di Viale Regina Margherita, ed anche per questo siamo soliti pensare che si tratti di una pianta secolare.
Ma secolari ancora non sono, i nostri platani, e di certo non è facile cercare di datarli. C’è chi dice siano stati piantati nel 1941 (assieme a quell’altro grande e particolare albero all’interno della Villa Comunale, il famoso ficus bengalese), chi negli anni ’50. Una data certa non c’è. Certo è che dovranno passare almeno un paio di decenni prima di poter dire che si tratta di alberi secolari.
Si tratta di un dettaglio poco noto ed ingiustamente snobbato, ma che merita di essere raccontato. Spesso abbiamo un rapporto conflittuale con la storia, e tendiamo a dare per scontato che tutto sia sempre stato così. Ma non è vero. La verità è che le cose cambiano, ed anche ciò che siamo abituati a vedere come “vecchio” o “antico” è cambiato più volte nel corso del tempo.
Ora che lo sapete, avete una scusa per farvi un giro sulla Margherita, per osservare meglio o per raccontare una storia.
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