Una caratteristica inscindibile delle sinistre di tutto il mondo, ma particolarmente di quelle italiane, è la frammentazione. E se c’è un motivo per il quale ricorderemo il 2017 e probabilmente anche il 2018 è la scissione di molti di questi partiti. La più eclatante, per ovvi motivi, è la scissione del Partito Democratico, che ha visto andar via prima i vecchi dirigenti e poi le alte cariche, che hanno preferito formare due nuoi partitini (Movimento Democratico Progressista e Liberi & Uguali), che si vanno ad aggiungere al vasto microcosmo delle liste di sinistra di questo paese.
E l’estrema sinistra? Quella “dura e pura”, che da sempre non si riconosce nel PD e nei partiti moderati? Non se la passa meglio. Si è ampliata la frattura tra i vari partiti, ed è nata una nuova lista che non è ben vista da tutti, ossia Potere al Popolo. Sono infatti molti i “puristi” che annunciano di rifiutarsi di votare per questo nuovo partito, e per motivo che definire banale è poco: non ci sono falce e martello nel logo.
Un’affermazione aberrante, che tuttavia permea il dibattito pubblico di quella “estrema sinistra” incapace di confrontarsi, e saldamente ferma su temi tanto futili quanto anacronistici. Una questione d’immagine, non di contenuto, fomentata da coloro i quali si vantano di “vedere oltre”. Succede così che anche i vari partiti comunisti non si presenteranno alle elezioni del 2018 con un unica grande lista, ma divisi. Per ora sono almeno in due: c’è Il Partito Comunista che si presenterà con il simbolo, mentre il PCI – a quanto pare – sosterrà la neolista di Potere al Popolo, nell’intento di “verificare la possibilità di costruzione di una lista elettorale articolata e unitaria, comunista, anticapitalista, di sinistra alternativa”.
Una persona di sinistra sa bene che è più importante il programma del partito, rispetto al logo del partito. Eppure, questo misero dibattito sul simbolo e sul “rinnegare la storia” ci fa capire che a fronte di numerosi partiti “comunisti” che vogliono quasi sempre le stesse cose, non si riesce a trovare mai un punto d’incontro. C’è sempre un problema, quando il simbolo, quando i dirigenti, quando chissà cos’altro.
Di questi tempi, è necessario riscattare l’immagine della sinistra, quella che pensa all’essere umano, non al compagno. Bisogna essere proiettati al futuro, non al passato. E forse uno dei più grandi mali della sinistra, quello di essere un baluardo del conservazionismo. Chi pretende un simbolo, in fondo, fa parte di coloro i quali sono rimasti indietro nel tempo, ed antepone una passione personale alla ricerca di un’unità collettiva.
La falce ed il martello sono i nostri simboli, appartengono a tutti, ma non rappresentano tutti. Come possono i millennials riconoscersi, in un simbolo che non hanno vissuto? C’è chi studia, e c’è chi arriva alla tornata elettorale senza alcuna nozione. E nella maggior parte dei casi, falce e martello sono associati alle grandi dittature del ‘900.
È sbagliato, ovviamente, ma tant’é: bisogna capire la mente di chi verrà, non solo ed esclusivamente il pensiero di chi c’era. Bisogna mettere da parte le battaglie ideologiche ed iconoclastiche, per dare spazio a tutte quelle persone che, pur riconoscendosi di sinistra, non si riconoscono necessariamente nel comunismo. A questo serve Potere al Popolo, e per questo è necessario un “cambio di rotta”.
Dispiace vedere decine e decine di compagni pronti a dar battaglia alla nuova lista. Dispiace davvero. Ma il comunismo non è una “teocrazia politica” ferrea, è un pensiero in continuo mutamento. Sappiamo bene che il passare del tempo và di pari passo con una vera e propria “selezione naturale”, che coglie tutti coloro i quali non si adattano ai tempi.
È solo questione di tempo.
Lascia un commento Annulla risposta