C’è poco da fare, certe cose sembrano non cambiare mai. Una di queste, è la triste propensione del Sud Italia ad essere una sorta di feudo. La popolazione sembra essere, ancora oggi nel 2016, stranamente propensa a lasciarsi manipolare, abbindolare, sopratutto su determinati temi. Perché se una cosa l’ha detta tizio, è sicuramente giusta, non c’è bisogno di nient’altro che della sua parola.
Uno di questi è la politica. Si tratta di un rapporto frastagliato sin da prima dell’Unità, con l’appartenenza ai vari gruppi dominanti, fino alla difficile scelta tra Repubblica e Monarchia. Ne avevo già parlato, ma forse è più utile un passo dal bel libro di Corrado Stajano, Africo, sempre attuale sotto la maggior parte degli aspetti che tratta. Nello specifico, viene ricordato appunto il referendum tra Repubblica e Monarchia, e di come venne vissuto nel vecchio paese aspromontano. E viene ricordato:
Ad Africo la Repubblica prese pochi voti, un’ottantina. Ricorda Francesco Gagliardi che il parroco don Stilo faceva una intensa propaganda per la monarchia e riuscì a convincere la maggioranza della popolazione: «Quelle donnette analfabete e semianalfabete e anche i loro uomini dicevano: “Repubblica: lo si capisce dalla parola che cosa è, una repubblica… un caos. Noi vogliamo il re, vogliamo la monarchia perché siamo nati e sempre vissuti sotto la monarchia.”»
E’ una cosa che stiamo vivendo anche in questi giorni, con il fiume di parole generato dal referendum costituzionale. C’è chi fà un’intensa propaganda, e di conseguenza c’è chi si fà convincere. Quante volte avete sentito la parola “caos” per definire questo referendum? Non si contano.
Il punto è che questo è un meccanismo rimasto immutato. Oggi sappiamo leggere e scrivere, eppure non siamo in grado di comprendere o (peggio ancora) accettare un dato di fatto. Per comodità, continuiamo a dare retta al don Stilo di turno, guidati dagli istinti, quando materni, quando protezionisti, quando territoriali. Che in fondo, i vari don Stilo che ci sono in giro dicono proprio quello che ci vogliamo sentire dire.
Sappiamo, da più di un millennio, che questi comportamenti alla lunga sono autolesionisti. Non fanno i nostri interessi, ma quelli del don stilo di turno, e di chi per lui. E lo abbiamo detto per anni, c’è chi ci mette anima e corpo per far si che nulla cambi. A parole è sempre rivoluzione. Seguire la pancia vuol dire seguire don Stilo: tutto deve restare così, che se cambia poi che facciamo? Si tutela quel poco che si ha, pur di non mettere in gioco tutto.
Non funzionava all’epoca. Non funzionava ai tempi biblici. E non funzionerà neanche in futuro.
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