E’ la notizia del momento, e la stampa nazionale non ci va di certo leggera: il caos nel Movimento 5 Stelle a Roma ha raggiunto dei livelli impensabili, mettendo in luce non tanto la palese e rinomata mancanza di preparazione a quello che è il “governare”, ma una continua lotta intestina, celata a suon di slogan, smentite e voli pindarici degni di nota. Tutto quello che è successo fino ad ora (partendo dalle alleanze prima ancora dell’elezione) si può riassumere, molto semplicemente, come una palese frattura all’interno del Movimento, che non ha supportato le scelte della Raggi, ma che al tempo stesso non vuole farla cadere rischiando di perdere la Capitale.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti. A meno che non siate disposti a credere alle storielle come “non ho capito il contenuto della mail” o ai sottili giochi di parole per discolparsi, è chiaro che il Movimento a Roma si è comportato come il più classico dei partiti. Si è chiuso, ed ha subito la classica “frammentazione” in diverse correnti che ogni grande partito si trova a subire nel corso della sua storia. Normale amministrazione, se non fosse per il fatto che si cerca costantemente di far passare il tutto come un “complotto” o come delle avversità dovute al fatto che “loro risolvono le cose”. Anche questo è falsissimo: i problemi del M5S a Roma sono nati internamente, a partire dalle nomine, che cozzavano palesemente con il loro stesso statuto. Insomma, mentono sapendo di mentire.
Sapevamo già che nel M5S vige la regola “un peso e due misure”, e ne abbiamo avuto più riprove, tra espulsioni di “non allineati” e trattamenti diversi in base ai soggetti. E’ lo stesso accade con la Muraro e De Dominicis: entrambi indagati, ma la prima viene difesa e resta al suo posto fino al verdetto dei pm, il secondo invece è silurato a quattro giorni dalla nomina, nonostante le belle parole spese per lui dalla stessa Raggi. Un palese esempio dell’utilizzo mirato che si fa delle “regole”, quando tanto e quando niente. Ed è solo una delle numerosissime contraddizioni in cui si è cacciato il M5S in appena una settimana dallo scoppio della crisi.
Potremmo continuare elencandole tutte, queste contraddizioni, ma non mi interessa. Quelli come me non sono contenti del fatto che la Raggi “stia andando male”. Quelli come me sono sconcertati dal fatto che in questi due mesi non solo non si è stati in grado di creare una base per poter lavorare, ma non ci si è differenziati per nulla dal “resto”, ossia quegli altri partiti che il Movimento combatte (a parole). Anzi, ci si è comportati allo stesso modo, con tanto di prese di posizione personali e decisioni calate dall’alto. E ad andarci sotto, sono sempre i cittadini, elettori o meno.
Mentre a Torino la situazione fila più liscia, a Roma c’è voluto l’intervento di Grillo per dare una forma a questo caos. Tuttavia, le 5 stelle dell’operato romano sono tutte di demerito, non tanto sul lato amministrativo (non è stato fatto nulla e non possiamo dire nulla, volendo escludere l’immobilismo di questi mesi) ma per il palese menefreghismo dei vertici del movimento, che, di fatto, è alla pari (se non peggio) di quello degli altri principali partiti. Il popolo serve solo a legittimare, ed il M5S per ora non è stato da meno.
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