Siamo in un periodo chiave della storia del nostro paese. Dal 25 Aprile all’30 Aprile ritornano agli Italiani moltissime cose in mente. Che sono sempre le stesse.
Il 25 Aprile si festeggia la liberazione dell’Italia (per l’esattezza delle grandi città italiane nel Nord, come Milano) dal Nazionalsocialismo tedesco. Liberazione che avvenne quel giorno, ma che incominciò molto prima. Il 28 Aprile si ricorda la morte di Benito Mussolini, e il 30 Aprile si ricorda la morte di Adolf Hitler.
Che dire, la mentalità delle persone è ferma a 67 anni fa. Oggi sono molti i fascistelli ventenni che onorano il duce, senza avere minime nozioni storiche, senza sapere nulla dell’epoca, ma semplicemente rifacendosi a poche frasi degne di nota (e condivisibili anche), o a pochi racconti storici dove il fascio sembrava il meglio del meglio.
Oggi, nel 2012, dove ancora non riusciamo ad avere certezze, dove non esiste la giustizia sociale, dove il consequenziale deterioramento delle persone è sempre più veloce… C’è ancora chi onora la Terza Via. O perlomeno ciò che doveva essere un’altra strada.
E certo, perché chi ogni tanto apre un libro o segue un video documentario, dovrebbe sapere che il primo fallimento del fascismo fu’ proprio quello di non essere nulla di nuovo. Si presentò come rivoluzionaria alternativa, ma era solo hype a palla.
Cercando di evitare ogni qualsiasi discussione di genere politico, cerchiamo di concentrarci sulla storicità dei fatti, e sopratutto chiediamoci perché gli italiani stanno ancora a chiamarsi comunista e fascista? Perché siamo così retrogradi? Perché non siamo, ancora oggi, capaci di sorvolare questo punto? È forse ancora troppo presto?
Non credo proprio. Non è presto, è tardi. Siamo in ritardo anche su questo, perdiamo tempo a puntarci il dito addosso, e poi ci lamentiamo se la politica ci mette le mani in tasca. Siamo troppo occupati ad inveire gli uni contro gli altri, e ci aggrappiamo a quella sottigliezza che poi degenera in un muro insormontabile.
La mia tristezza più grande è vedere questi comportamenti nei più giovani, nei miei coetanei. Perché oggi un ventenne dovrebbe rimpiangere il duce? Qui entra in scena l’indottrinamento più radicale, quello che fa avere sopratutto al ragazzo una visione unilaterale dei fatti. Un giovane dovrebbe essere un’esplosione di idee positive, una infinità di cose da fare, dovrebbe avere una mente elastica e produttiva… Ma in Italia siamo indietro anche in questo. Pensiamo che un buon figlio sia quello che si laurea in medicina o giurisprudenza, mentre quello che sceglie altre strade non ci va a genio. Anche questo è indottrinamento, a sua volta derivato da un’ignoranza dei genitori, e dei genitori dei genitori, e così via.
Con un ignoranza intendo anche un’illusione. Nessuno nega la buona fede di una persona, ma va sottolineato che questa buona fede non deve essere mai una pressione. Perché solo sotto queste pressioni, forzate e ripetute in più modi, si formano e vengono in mente gesti come quello dell’autista del bus, ma anche come i manifesti funebri per il duce in tante città Italiane.
Bisogna essere liberi mentalmente ed avere una mente elastica, propensa al futuro, al domani. Perché a guardarci sempre dietro, a rimpiangere il passato, ci avveleniamo il sangue, non concludiamo nulla, e ci lasciamo ingannare dai soliti noti.
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