La logica esposta certe volte in alcuni pezzi di noti giornalisti locali è disarmante. Un esempio su tutti, il recente articolo apparso sul Crotonese a firma di Pedace. Questo ci informa del nuovo parco eolico che verrà costruito in Scozia, HyWind, un progetto della StatOil, innovativo in quanto le turbine non saranno ancorate direttamente al suolo, ma fissate grazie a dei tiranti. In pratica, il corpo della turbina galleggierà grazie a della zavorra, e sarà in grado di alzarsi e abbassarsi in base alla marea, in modo da sfruttare meglio i flussi del vento.
E’ un progetto pilota, molto costoso (62 mln $ a turbina) e avviato solo in via sperimentale, per provare se la teoria sia valida. Tuttavia, il giornalista lo prende ad esempio come alternativa alle numerose pale eoliche sparse in tutta la provincia. Dall’articolo sembra trasparire una conclusione ambigua: meglio averle in mare le pale eoliche, dove non si vedono, e non sulla terra ferma sotto gli occhi di tutti. Per poi continuare con il solito biasimo verso i soliti retrogradi e arretrati che siamo, a differenza dei nostri vicini progrediti e futuristi.
E’ condivisibile, in fondo: in Calabria esistono ben 16 parchi eolici attivi, alcuni molto visibili e vicini alla costa, altri invece in zone collinari meno accessibili. Solo nella zona sud della provincia (Crotone-Isola-Cutro) si contano più di 150 pale eoliche, che non passano di certo inosservate. Ma in Scozia, terra di rara bellezza (per davvero), le cose non sono poi così diverse. Con l’unica differenza che le pale eoliche non le vivono come un dramma.
Tiriamo fuori un po’ di numeri. Come detto poco fa, la Calabria non è messa male nella produzione elettrica da fonti rinnovabili. Oltre ai grandi numeri dovuti dall’estrazione dei gas naturali (di cui vi parlai in vista del referendum), è anche una delle maggiori produttrici di energia eolica: l’11% sul totale nazionale nel 2015. Percentuale ottenuta solo in Calabria, che garantisce con i suoi 16 impianti (per un totale di 559 pale eoliche) una produzione di 995 MW, con una previsione di 1250 MW entro il 2020. La Calabria ha una superfice di 15.222 km² ed ha una densità di 129.56 ab/km².
Spostiamoci in Scozia. In generale, tutto il Regno Unito è un punto molto ambito per la produzione di eolico, vista la mancanza di montagne e i costanti venti. Differentemente da quello che si può pensare, la maggior parte della produzione eolica avviene onshore, ossia a terra. Nello specifico, la Scozia è dotata di 8 grandi impianti (per un totale di 694 pale eoliche), che producono 5131 MW. Sempre in Scozia si trovano i due impianti più grandi di tutto il Regno (Whitelee e Clyde), posizionati, tra l’altro, in riserve naturali e a ridosso di aree marine protette. La Scozia ha una superfice di 78.782 km² ed ha una densità di 66.7 ab/km².
La maggiore produzione di energia non è dovuta al fatto che le loro wind farm siano migliori (anche se alcune lo sono sicuramente), ma semplicemente al fatto che il vento è un’elemento costante del Regno. Più che un giorno di sole, è più raro un giorno senza vento. E questo si vede nei risultati: tutto il Regno Unito ha prodotto dall’eolico 13.5 GW nel 2015, di cui 8.5 GW da impianti da terra e 5 GW da impianti in mare (l’Italia invece nel 2015 ha prodotto 8.6 GW dall’eolico, con un numero di turbine quasi identico). Gli impianti via mare, detti OffShore, sono un investimento nel Regno, o per meglio dire di diverse multinazionali. Le zone destinate agli impianti sono state definite in diversi Round, a partire dal 1998, ed attualmente contano 24 impianti, di cui il più grande si trova nei pressi di Londra. E’ quello che vedete in mezzo al mare ogni volta che vi avvicinate nella city con l’aereo.
Nella Scozia, terra di rara bellezza, gli impianti in mare sono solo 3. Gli altri sono tutti sui colli, nelle pianure, vicino a spiagge e così via. Appare evidente che il territorio scozzese, essendo 5 volte più grande di quello calabrese ma con una densità dimezzata, non subisce la “pressione visiva” di tutte quelle turbine. E’ vero, certe volte guidando a Prestica, Vermica o Marinella, lo scenario non è bellissimo. La distesa di pale (o, se guidate di notte, di “occhi rossi”) ha cambiato pesantemente il panorama selvaggio della nostra terra. Ma da qui a pensare che in mare stiano meglio, di acqua ne passa.
L’elemento progressista della questione non sta nel posizionamento dei parchi eolici in mare. Non è che siano meglio li, anzi, costano molto (molto) di più e la manutenzione non è la stessa. Per avviare/mantenere questi impianti, oltre a norme particolarmente permissive, c’è bisogno di ingenti investimenti, che nel nord Europa trovano terreno fertile per via delle condizioni ambientali favorevoli. Che, tradotto, vuol dire un grande investimento ma anche un grande rientro economico, con conseguente guadagno. In Calabria una condizione del genere si potrebbe verificare? I flussi di vento sono gli stessi del nord europa? Giustificherebbero un eventuale investimento da 62 milioni di dollari a turbina?
Si e no. Il vento non ci manca, ma una legislazione adeguata si. La legge è particolarmente (troppo) permissiva su terra, per quanto sia confusa, eppure quando si parla di mare è sempre un buco nell’acqua. Vincoli, ambientalisti, comitati locali, amministrazioni e così via. Le pale eoliche in fondo sono un bel paradosso, quasi come le discariche o gli inceneritori: sappiamo che servono, ma nessuno le vuole vicino casa. E per quanto siano più ben viste rispetto ad un termovalorizzatore, vedere quelle pale sul monte San Biaggio a Poggio Pudano, o immaginare quella a Semaforo, ci fa storcere il naso. Perché si, l’eolico è buono, è meglio del carbone, ma se lo producono altrove è meglio. Mi fa piacere, ma non lo voglio vedere nel mio giardino, e mo che ci siamo neanche in quello del vicino. E per una volta che possiamo vantarci di un record positivo, e che contribuiamo ad un traguardo nazionale, meglio svenderlo e non macchiarci di questo riconoscimento.
Quindi, che differenza c’è tra noi e la Terra dei Gaeli? Che noi ci opponiamo a tutto, il vecchio ci annoia e il nuovo ci stizzisce, mentre loro fanno un parco a tema tra le turbine, per valorizzare il territorio (che è davvero di rara bellezza) e per incentivare l’eolico spiegando come funziona, com’è fatta una turbina, come genera energia, come viene immessa nella rete nazionale e così via. Spiegato con disegni comprensibili a tutti. Danno un ulteriore valore aggiunto: il territorio, le energie rinnovabili ed il museo.
Un paragone impietoso, dove i parchi offshore, per quanto importanti, sono forse l’ultimo tassello della discussione.
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