Prima ancora che la proposta divenisse reale, vi avevo già parlato dell’importanza del bilancio partecipato per la città di Crotone. Ad ora, ben 3 candidati lo hanno inserito nei loro programmi (Barbieri, Sorgiovanni e Piuma), ognuno con i suoi criteri ed i suoi modi. E sono in molti che mi stanno chiedendo, in soldoni, come funzioni.
Non è difficile, ma mi rendo conto che sono in molti in città a non sapere come funzioni, e non sono in pochi quelli che ritengono sia una fregatura, una perdita di tempo o una cosa inutile. Allora, forse, è giunto il momento di spiegare cosa sia questo bilancio partecipato, e cogliere l’occasione per capire un po’ meglio il funzionamento della macchina amministrativa (almeno sotto uno dei tanti aspetti).
Se volessi fare un esempio semplicistico vi direi che con questo tipo di bilanci la popolazione decide come spendere i soldi dell’ente. In realtà è un po’ più complesso, e non è detto poi che le spese coincidano con quelle preventivate. Per questo c’è bisogno di fare un po’ di chiarezza.
Quando un ente pubblico come un Comune deve farsi un po’ di conti, non può buttare tutto su un foglio di carta per fare addizioni e sottrazioni. Ha bisogno di uno strumento più affidabile e versatile. Questo è il bilancio, cioè tutta una serie di documenti e fogli che permettono di definire le entrate e le uscite dell’ente. Ogni comune deve presentare un bilancio preventivo, che contiene tutte le previsioni di spesa e di incassi per l’anno che verrà, ed un bilancio consuntivo, che contiene tutte le spese e gli incassi reali per l’anno appena passato. I due bilanci possono subire dei cambiamenti nel corso dell’anno, cosa che molto spesso accade, dette variazioni di bilancio: succede quando dei fondi destinati ad una voce (ad es. al verde pubblico) servono per altre situazioni, improvvise o meno. Si rompe una strada che non si può fare a meno di riparare, e non si hanno altri soldi in tasca? Si esegue una variazione di bilancio, e i soldi (tutti o una parte) precedentemente destinati ad un’altra voce vengono riassegnati.
Non è affatto una cosa semplice o immediata: a proporre il bilancio preventivo ci pensa la Giunta Comunale, che si interfaccia con i vari uffici dell’ente per definire le spese necessarie, le più importanti e quelle secondarie. Una volta fatto ciò, c’è bisogno dell’approvazione del bilancio da parte del Consiglio Comunale, che è responsabile dell’approvazione e del rigetto anche delle variazioni.
Questo vuol dire che è il comune, con i suoi dipendenti, a definire l’idea di spesa per ogni punto. Questa situazione può portare a degli ovvi limiti, non solo sul piano economico, ma anche sul piano di definizione dei punti stessi. Può succedere che un Comune non abbia stanziato nemmeno un punto a favore del verde pubblico, o viceversa che abbia una sola voce identificata come “Verde Pubblico”, ma che di fatto permette a moltissimi punti di rientrare nella categoria. Questa cosa si trasforma spessissimamente in poca trasparenza.
Il bilancio partecipato invece serve proprio a costruire assieme ai cittadini quella che sarà la previsione della spesa. Cronologicamente, si trova prima del bilancio preventivo, dato che è uno strumento consultorio e di definizione. Il funzionamento viene poi regolato dai comuni, che hanno piene libertà, ma generalmente possiamo dire che esistono due grandi modelli per questo tipo di bilancio, ossia: uno più aperto, dove i cittadini possono proporre i punti di bilancio e quanto spendervi, e uno più chiuso, dove è il Comune a proporre i punti di bilancio mentre i cittadini possono “solo” esprimersi su quanto spendere.
Non è detto che quanto proposto nel bilancio partecipato venga poi inserito nel bilancio preventivo, né tanto meno che poi venga rispecchiato in quello consuntivo. Quello è un compito che spetterà sempre alla Giunta, che deve valutare le proposte, e che dovrà poi comunque essere approvato dal Consiglio. E’ solo un modo per dare un’imprinting all’amministrazione, per farle capire quali sono i punti più caldi per la popolazione. I cittadini che partecipano al bilancio infatti non rappresentano dei voti diretti (come si sente dire erroneamente), ma una quota: questo vuol dire che la loro quota è definita dal comune, e che se partecipano in 100, in 1000 o in 10000, la loro rappresentanza può essere il 50% come il 10%. Una grande partecipazione dunque non è necessariamente vincolante per l’approvazione di un punto, e vale lo stesso viceversa per una scarsa partecipazione.
A cosa serve allora? Principalmente, a formare un bilancio davvero partecipato. E’ un grosso problema sopratutto con le amministrazioni vecchie, che magari non vedono certe necessità tecnologiche, a differenze delle classiche visioni economiche o industriali. Serve ad avere un quadro collettivo della popolazione, che, esprimendosi, può delineare a grandi linee come le esigenze della maggioranza. E sopratutto, serve per avere una cittadinanza più attiva e collaborativa.
In Italia è attivo in diversi comuni, già dagli anni ’90, anche se ultimamente è sulla bocca di tutti grazie al M5S. E’ prevista la sua integrazione anche a Reggio Calabria, e Crotone potrebbe essere la prima città Calabrese ad utilizzare questo sistema, già dal prossimo anno. Esistono molti comuni da cui prendere spunto, e non si tratta di una legittimazione difficile da ottenere. Certo, ha dei costi, ma non impossibili da sostenere.
Questo potrebbe essere il primo esperimento serio di partecipazione popolare in città. Non per un partito, non per tizio o caio, ma per il bene comune. A Crotone abbiamo tutti qualcosa da dire, e sarebbe bello poterlo fare tramite uno strumento apposito, serio, e ben fatto. Sarebbe uno strumento di rivalsa. Sarebbe una seria possibilità in più per la città.
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