Un’altra credenza comune piuttosto radicata tra molti Crotonesi riguarda l’abitazione del filosofo. In molti sanno con certezza quale fosse la casa di Pitagora, e non solo saprebbero indicarvela, ma vi ci porterebbero anche. Nella foto potete intravedere i resti di un’abitazione considerata da almeno un secolo l’abitazione del maestro.
Ci troviamo nell’area archeologica di Capo Colonna, poco dietro la Torre di Nao. Tra i diversi resti archeologici presenti nella zona, spicca l’unico resto di edificio rimasto in piedi, almeno per quanto riguarda le sue mura esterne. Di questa struttura non si sa molto: probabilmente non era neppure un’abitazione, ed è palesemente di un periodo più recente.
Come è potuto succedere che la popolazione è finita a identificare proprio quel resto come la casa di Pitagora? Centrano un vecchio sindaco della città ed un periodo economico difficile.
Dobbiamo tornare in dietro di più di un secolo. L’Italia era da poco unita, e la gestione dei beni archeologici era assegnata direttamente ai vari comuni. In Calabria all’epoca di resti se ne conoscevano, ma erano in numero decisamente inferiore ad oggi. Ne poi si aveva ancora la consapevolezza di dove o come scavare, per cui la maggior parte dei reperti era costituita principalmente da resti esposti e visibili.
La zona di Capo Colonna era particolarmente conosciuta: vi erano i resti di un tempio Greco, composti da una colonna e un possente muro difensivo, e i resti più recenti di periodo spagnolo composti dalle torrificazioni (presenti lungo tutto lo Ionio).
Non era del tutto chiaro che anche sotto l’attuale città di Crotone vi erano dei reperti di epoca Greca, per cui la conclusione fù lampante: i tanto famosi Greci si stabilirono a Capo Colonna. E, essendo Pitagora anche lui Greco, doveva trovarsi, “ovviamente”, da quelle parti.
La presenza di reperti archeologici non servì subito come espediente per attirare turisti, bensì per attirare acquirenti locali. La città infatti non poteva sostenere tutte le spese dovute alla manutenzione dei reperti, per cui cercò di venderne alcuni, in modo da non doversene più occupare. Fù così che la Torre di Capo Pellegrino (conosciuta anche come Torre di Scifo o Lucifero) venne acquistata da una famiglia benestante della città, e venne riconvertita in abitazione privata. Una mossa del genere si cercò di fare anche con la Torre di Nao, ma in questo caso senza successo.
Per incentivare gli acquirenti, un vecchio sindaco di Crotone (del quale ora non posso confermare il nome, non avendo con me i fogli da consultare) pensò bene di pubblicizzare il posto, mettendo in risalto diverse informazioni della Magna Grecia e della località. L’importanza del tempio, la possenza delle mura difensive, ed ovviamente menzionò anche Pitagora, che avrebbe vissuto in quelle zone, li vicino all’unica colonna del tempio.
Uscì così fuori che nella zona della Torre di Nao vi si trovasse anche la casa di Pitagora, e, non si sa per mano di chi, quei pochi resti appena visibili vennero intesi come la casa del filosofo. La notizia si diffuse a macchia d’olio, essendo quello un resto in più da menzionare a chi chiedeva informazioni.
Dove visesse il filosofo resta un mistero, fatto sta che la comunità Pitagorica si pensa situata decisamente più vicina a Crotone che a Capo Colonna, anche se ancora oggi si parla solo di supposizioni. Ad ogni modo, si è invece certi che all’epoca le case non fossero tutte in pietre e malta, bensì fatte di argilla, terra e legna. Se rispettato, lo stile di vita della comunità avrebbe previsto qualcosa di simile.
Fù così fino all’arrivo dei primi ricercatori e archeologi, all’inizio del nuovo secolo, che smentirono questa voce, anche se rimase molto popolare. Così popolare che se ne parla ancora oggi.
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