Quest’anno cade una ricorrenza particolare: i portici di Piazza Pitagora compiono la bellezza di 150 anni. I portici di Crotone rappresentano oramai il centro cittadino, e tutti li conoscono e ci si ritrovano. Eppure, sono tra i monumenti meno conosciuti della città.
Qualche esempio? Provate a rispondere ad una di queste domande: da quante colonne è formato il porticato? In che stile sono? Quanti archi presenta? Di che materiale sono fatte? E, anche se ormai sapete già la risposta, a che periodo risale?
Purtroppo si pensa erroneamente che i portici abbiano origini antichissime: parlando con diverse persone, queste mi hanno addirittura confermato che risalgono ai romani! In realtà non è così, i portici sono una creazione piuttosto recente, voluti per uno scopo ben preciso. Sono stati riqualificati più volte nel corso degli anni, in modi non proprio appropriati, ed oggi versano in una condizione di abbandono.
Visto il centocinquantenario della struttura, sarebbe bello regalare al porticato un serio intervento di manutenzione. In fondo, se lo merita. Nel frattempo, ripercorriamo la storia del nostro bel centro cittadino.
Facciamo un salto indietro nel tempo: ci troviamo in un vero e proprio periodo di transizione, non solo sociale ma anche politico. Stava avvenendo l’Unità d’Italia, si andava costituendo il Regno d’Italia, e nelle scene politiche locali iniziavano a trovare spazio anche i primi moderati e democratici. Nonostante questi importanti cambiamenti, la condizione della popolazione rimaneva pessima: quasi completamente analfabeta, in stato di povertà cronica e perdurante, senza un vero e proprio sistema scolastico e sanitario, vessati dalla scarsità di cibo e dalle malattie.
Non era una bella scena. Di questa condizione ne parlò anche George Gissing, che visitò la città di Cotrone sul finire dell’800, annotando appunto la particolare condizione di povertà e di miseria. Ad avere intuito la necessità di rinnovare la città, ammodernandola e rendendola più fruibile, fù Raffaele Lucente, figura di spicco della politica locale. Democratico, ebbe una rapida ascesa politica: entrato in consiglio comunale nel 1866 (il comune, all’epoca, era in Via Vittorio Emanuele), si ritrovò a ricoprire la carica di commissario straordinario già nel 1867. Una sorta di sindaco facente funzione. Fù sindaco per altre due volte, nel periodo 1876-1881 e 1889-1890.
Proprio nel 1867 presero vita alcuni dei suoi più importanti progetti. Tra questi, il sistema di illuminazione a petrolio, ma anche l’istituzione di un teatro comunale nel bastione delle armi, espropriato all’Orfanotrofio Militare di Napoli. Durante i suoi anni vennero creati numerosi collegamenti stradali tutt’oggi esistenti, ma sopratutto vennero “buttate” quasi tutte le porte di ingresso alla città vecchia. Nell’ottica di Lucente, la città doveva espandersi oltre le mura di cinta, con nuove abitazioni e collegamenti che potessero raccogliere anche gli abitanti dei centri vicini. Fondamentale fù l’abolizione delle servitù militari, che, sempre secondo Lucente, ostacolavano l’espansione della città.
Lucente infatti riteneva che la città fosse “imbruttita” da quelle imponenti mura di cinta. Più volte la definì come un “carcere medievale“, e parlò delle mura come di “un’opera che ricorda i tempi funesti di straniera dominazione“. E in fondo non aveva tutti i torti: basti pensare che prima dell’apertura delle mura, la città si presentava così:
Si intravedono i campanili del Duomo, dell’Immacolata e di San Giuseppe. Si vede perfettamente Palazzo Gallucci, così come la vecchia “Torre Barracco”. Una voce dice che quella casetta fuori dalle mura sia oggi l’edificio delle Poste Centrali, ma non ci giurerei. Ad ogni modo, la città si presentava effettivamente come ai tempi del dominio aragonese (periodo di massima espansione del centro abitato), e questo “stile” non era appropriato ad una città che si affacciava ad un nuovo periodo storico.
Per questo motivo, venne pensato un nuovo ingresso alla città. Un ingresso maestoso, imponente, che avrebbe dato la possibilità di sviluppare tutta una città nuova al di fuori delle mura, ma anche in grado di ridare splendore a quello che oggi chiamiamo “centro storico”, ma che all’epoca era di fatto la città. Già nel 1863 viene avviata la pratica per diventare una provincia autonoma, e venne approvato il progetto di ampliamento cittadino al di fuori delle mura. Negli anni immediatamente successivi iniziarono i lavori di “apertura” delle mura, e la costruzione dei portici.
A ricordare l’evento è rimasta la testimonianza del 1876, scritta dall’allora vescovo Lembo:
Da dieci anni a questa parte Cotrone ha migliorato ottimamente la sua situazione complessiva da un punto di vista materiale, e segnatamente per opera del commendadore Raffaele Lucente, che nel mese di Agosto 1867 in qualità di sindaco f.f. abbattè la porta della città, fece sorgere un bellissimo peristilio, perché ai viaggiatori si offrisse un piacevole ingresso di una bella città, e non di un tetro carcere medievale; egli aprì molti varchi nelle mura, e i confini della città si ampliarono, furono costruiti nuovi edifici, il numero delle persone quasi raddoppiò, provenienti dai luoghi vicini per il grande beneficio della ferrovia, qui inaugurata il 31 Maggio 1874, con grande letizia e concorso di questa popolazione e dei centri vicini.
Un ricordo generoso, che riflette ampiamente la politica espansionista di Lucente. Politica che spesso venne contrastata dagli oppositori, per via delle ingenti spese pubbliche: le opere infatti fecero lievitare il bilancio cittadino da circa 30.000₤ ad oltre 60.000₤ in meno di tre anni. Furono dunque periodi in cui le tasse sulla popolazione aumentarono molto, vennero istituite tasse sugli animali da traino, sul bestiame, sui terreni, sui fabbricati, ed aumentarono anche le tasse per i commercianti.
Ad ogni modo, era un progetto imponente: venne realizzato un portico di ben 60 colonne (contando anche le ultime due ai quali si appoggiano i due archi finali, altrimenti sono 58), di cui 22 in stile neodorico (in prossimità dell’ingresso al centro cittadino), abbellito da 15 archi che indicano ancora oggi, nella maggior parte dei casi, l’ingresso a delle corti interne (come il mercato della piazzetta). Il tutto venne realizzato in tufo, mentre per le abitazioni e le case, oltre che per le fondamenta, vennero usati i materiali di risulta dalla distruzione delle vecchie porte e dall’apertura dei varchi nelle mura cittadine.
Ma se pensate che il porticato ci sia giunto tale e quale, vi sbagliate: sono stati eseguiti infatti diversi importanti lavori di recupero, che però ne hanno modificato l’aspetto. Già nell’immediato dopoguerra si palesò la necessità di dare una sistemata al porticato, vista la precaria situazione di numerose colonne. Il 21 Dicembre 1959 si concretizzò il primo progetto di recupero da parte dell’amministrazione comunale, che prevedeva: copertura in marmo delle colonne neodoriche; lastre in pietra di Trani tra le colonne; nuova pavimentazione in gres; controsoffittatura interna. Un restauro “agguerrito”, che compromise specialmente la struttura originale delle colonne neodoriche, che furono scalpellate e rinchiuse all’interno di telai metallici al fine di diventare anch’esse quadrate.
Ma il restauro non piacque. Il 19 Ottobre 1984, sempre per mano dell’amministrazione comunale, prese il via la rimozione delle lastre di marmo, al fine di recuperare l’aspetto originale del porticato. L’intervento interessò solo le 22 colonne neodoriche, che vennero liberate dal telaio e dalla copertura marmorea. Nel 1988 fù necessario un ulteriore intervento per rigenerare il fusto delle colonne, eccessivamente deteriorato e danneggiato. L’ultimo intervento importante è avvenuto nel 2009, quando venne rifatta la pavimentazione, che andò a sostituire le mattonelle in gres posizionate nel ’59, mentre l’ultima riqualificazione è partita appena un anno fa, nel 2016, e prevedeva diversi interventi che però si sono persi strada facendo.
Arriviamo ad oggi. Ben 14 colonne risultano visibilmente danneggiate, di cui almeno 6 in modo piuttosto marcato (tutte lungo Viale Regina Margherita). Non ci sono problemi strutturali, e non sta venendo giù il mondo. Ma la struttura originale di alcune colonne si sta letteralmente sgretolando. Sarebbe una perdita non indifferente, che andrebbe ad intaccare quella parte di porticato rimasta immacolata fino ad oggi.
Gli errori del passato servono per imparare, e se già nell’84 si resero conto che l’idea di ricoprire di marmo le colonne era “uno scempio”, oggi siamo ancora più consapevoli del fatto che un’opera del genere può essere tutelata e preservata molto meglio. I portici di Crotone hanno sempre più necessità di un intervento, sia per il recupero delle colonne che per la loro pulizia, dato che alle basi sono diventate praticamente nere. Quello che ci restra da fare, sperando di non arrivare troppo tardi (come al solito) è sollecitare l’intervento da parte del Comune: un intervento oculato e mirato, che permetta di riportare i portici quanto più possibile al loro originale splendore.
Ci sono tante altre storie riguardo i nostri bei portici, dalle vecchie mattonelle “graffiate dalle tigri” alle vecchie attività commerciali che vi si potevano trovare, passando dalle gesta criminali di un noto contrabbandiere di diamanti e dai pettegolezzi verso chi frequentava l’hotel Concordia. Insomma, un mondo. Ed è giusto oltre che doveroso che i portici, parte integrante della nostra storia e della nostra città, siano degnamente rivalutati e ripresi. Sarebbe, insomma, un bel regalo di compleanno.
Perché, in fondo, se lo meritano.
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