Domani ricorrerà una Giornata della Memoria decisamente sottotono. Lo capiamo dal fatto che fino ad oggi se n’è parlato poco (pochissimo), a differenza di altri anni in cui la ricorrenza veniva ricordata già a metà mese. Lo capiamo dal fatto che i telegiornali se ne stanno occupando solo oggi, e con toni ben diversi dal passato, più incentrati sulla sicurezza delle sinagoghe che non sul ricordo della Shoah.
Non potrebbe essere diversamente, dato che gli orrori della Shoah sono sotto i nostri occhi, nuovamente, a distanza di ottant’anni dalla fine di quella seconda guerra mondiale al termine della quale si era unanimamente d’accorso con due semplici paroline: mai più. Ricordare la storia per non dimenticare, e fare in modo che gli sbagli del passato non si ripresentino in futuro.
Ebbene, qualcosa è andato innegabilmente storto. L’uomo è ancora in guerra, e lo è sempre stato, in questi ultimi 80 anni. Solo che, semplicemente, ci siamo girati dall’altra parte. Sempre. I conflitti nell’America Latina, in Africa, in Asia… ce n’è fregato poco e niente. E poco e niente ci è interessato della guerra fratricida nei balcani, del genocidio di Sberenica, della pulizia etnica operata da Turchi (che ancora oggi la negano) o dagli stessi europei, tanto in Africa quanto nelle altre colonie.
A conti fatti, non abbiamo mai fatto i conti con la nostra memoria. Con la nostra storia. Ed oggi siamo evidentemente stanchi di ripetere quel “mai più” che ha contraddistinto tanti temi scolastici, tante campagne pubblicitarie, di marketing e così via. Ma quale mai più? Ma più un cazzo.
Oggi l’esempio lampante ce lo offre Israele, che, impunito, persegue una vera e propria pulizia etnica motivata dal fatto di voler “distruggere” Hamas. L’avrò già scritto, ma è un po’ come se lo Stato decidesse di decimare i calabresi per sconfiggere la ‘ndrangheta. Qualcuno potrà anche pensare che sia una soluzione logica, comprensibile, dolorosa ma “giusta”… ma la storia dovrebbe insegnarci che non risolverà nulla.
È evidente che la storia, la memoria, non serve. Sia perchè non vogliamo ricordarle, sia perchè non le diamo alcun peso nelle decisioni che prendiamo. Pur avendo un bagaglio storico e culturale millenario a cui attingere (quello di cui ci vantiamo in continuazione, i “valori” europei, le radici comuni) lo ignoriamo per mero interesse.
Non siamo poi così diversi dai nostri antenati. E come loro, iniziamo beatamente ad ignorare quella memoria che dovrebbe essere alla base dei valori che oggi difendiamo a spada tratta.
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