La notizia bomba di ieri – ossia l’indagine sul rimpatrio di Almasri – è utile commentarla oggi, per approfondire alcuni aspetti che vanno oltre alla semplice notizia in se, e ruotano tutti attorno al modo in cui è stata raccontata. Perchè la narrazione di un fatto può stravolgere la realtà, che è quello che ha provato a fare ieri sera la premier Meloni, pubblicando un video in cui afferma di aver ricevuto un “avviso di garanzia” che in realtà non lo è.
Il foglio sventolato dalla Meloni è l’iscrizione nel registro delle comunicazioni di reato, notificato prima dell’apertura delle indagini, a differenza dell’avviso di garanzia che viene notificato ad indagini già avviate. La differenza è sostanziale, perchè di fatto il Tribunale dei Ministri (quello riservato a chi ricopre questa specifica carica) ha dato il via libera all’indagine, che coinvolge anche il sottosegretario alla presidenza Mantovano ed i ministri Piantedosi e Nordio. Va da se che l’impiato accusatorio – favoreggiamento e peculato – è ancora tutto da dimostrare.
E, vale la pena anticiparlo, è verosimile che non verrà dimostrato un tubo. Come ricordato (da pochi) in queste ore, nel 2020 la stessa sorte toccò all’allora premier Conte, denunciato per peculato proprio da un esponente di Fratelli d’Italia. La vicenda si risolse con una archiviazione, e non è da escludere che anche in questo caso, almeno per la premier, andrà a finire così. Ne riparleremo tra qualche settimana.
In secondo luogo, sempre la Meloni ha fatto altre due affermazioni sostanzialmente false. Riguardano entrambe l’origine del procedimento, attribuite al procuratore Francesco Lo Voi ed all’avvocato Luigi Li Gotti, e definiti “di sinistra“. In realtà, il primo è un magistrato appartenente alla corrente di destra recentemente confermata dal governo, ed il secondo continua a professarsi ex Msi (con un passato anche in An). Non proprio due estremisti da centro sociale.
Infine, terza cosa, quel “non mi faccio intimidire” e quel “non indietreggio“. Vale la pena ricordare che la premier si riferisce alla giustizia, al sistema giudiziario di fronte al quale dovremmo (dovremmo!) essere tutti uguali, e che la destra di governo sta cercando di smantellare in tutti i modi seguendo un trumpismo che non sta in piedi. Queste affermazioni false servono proprio a minare la credibilità del sistema giudiziario, attaccato con toni tanto cari alla destra come giustizia ad orologeria. Che, almeno in questo caso, mostrano l’evidente rottura in corso tra magistratura e governo.
Non è infatti un mistero l’irritualità con cui entrambe le parti si stanno attaccando, visti i notevoli ritardi nell’elezione dei giudici della corte costituzionale. Un ritardo che si ripresenta ciclicamente, ma definito da molti come voluto dalla maggioranza vista l’insolita lunghezza, e che entra a pieno titolo nella battaglia in corso con Anm.
Il procedimento potrà dunque far gioire qualche ultràs della politica, ma difficilmente avrà ripercussioni concrete, e ciò nonostante la gravità della situazione. Quello che abbiamo davanti è un gioco di potere, in cui tutti dovremmo essere dalla stessa parte nella difesa di quella bilancia che ben rappresenta la giustizia, e dove purtroppo c’è sempre chi cerca di avvelenare le acque e confondere le idee.
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