In queste settimane mi hanno particolarmente colpito le disavventure di due amici, quasi coetanei (leggermente più grandi del sottoscritto), che hanno avuto dei gravi problemi di salute e sono – fortunatamente – ancora in vita grazie al tempestivo intervento dei soccorritori. So che sembra una frase fatta estrapolata da qualche notizia, ma è così.

Un ragazza colpita da infarto, un ragazzo paralizzato (temporaneamente) da un’ischemia. Entrambi hanno meno di quarant’anni, e mi hanno riportato alla mente quando, due o tre anni fa, una mia collega improvvisamente non si collegò più a lavoro: ebbe un’embolia polmonare, anche lei quarantenne, anche lei sopravvissuta “per miracolo”.

E se ci penso, a volerla dire tutta, con le mie trombosi non sono andato tanto meglio. Ma mi è andata sicuramente meglio di loro, che hanno già attraversato il calvario di un coma farmacologico, di un intervento chirurgico d’urgenza, di una riabilitazione. Ed il tutto prima di raggiungere la fatidica (e temuta) soglia degli anta.

Semplificando molto, mi viene da pensare che siamo in realtà una generazione fragile. Non tanto a livello emotivo o sociale, ma proprio fisico. La “sana e robusta costituzione” non è nostro appannaggio, e non saprei dire perchè. Pare di essere tornati nel 1873, quando il medico e senatore Carlo Maggiorani, nel descrivere la popolazione che lo circondava, parlò di “cere pallide, tempre di carne morbidamente impastate, macchine gracili e frolle costituzioni“.

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