Mentre è ancora acceso (almeno tra gli addetti ai lavori) il dibattito sulla nuova “legge bavaglio”, in Italia succede anche altro. Succede, ad esempio, che un giornalista venga intercettato telefonicamente pur non essendo coinvolto in nessuna indagine. In modo “preventivo”, potremmo dire.
La vicenda è stata resa pubblica ieri, e riguarda un collega del Quotidiano del Sud, che ha scoperto di essere stato intercettato leggendo le carte (lecitamente ottenute) di un’indagine pur non essendone coinvolto. Lascio a voi la lettura e l’interpretazione della questione, che per quanto comprensibile sfocia nel grottesco.
Comprensibile perchè è evidente che avere un filo diretto con procuratori, giudici e avvocati ti esponga a situazioni potenzialmente problematiche. Grottesca perché di fatto è un abuso di potere attenzionare così un soggetto estraneo alla vicenda.
L’argomento è evidentemente poco sentito dall’opinione pubblica – ma anche da tanti altri giornalisti che non vedono di buon occhio chi intrattiene rapporti così stretti con personaggi pubblici – e ad oggi pare già finito in secondo piano. Subito dietro le chiacchiere di una “legge bavaglio” che tanto bavaglio poi non è.
Sopratutto se paragonata all’intercettazione preventiva.
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