Come saprete, oggi prosegue lo sciopero dei tassisti in diverse città italiane. Uno sciopero nato per dimostrare la contrarietà alle nuove norme che prevedono un aumento delle licenze (fino ad un massimo del 20% in più) in vista di alcuni grandi eventi, come il Giubileo o le Olimpiadi.
Ovviamente, il decreto del Governo è il solito pastrocchio, e ci sono tanti punti su cui si potrebbe essere daccordo con i tassisti. Ma è impossibile anche solo pensare di poter essere daccordo con loro, sopratutto sentendo le motivazioni che portano nelle varie interviste.
Sono i tassisti a non volere concorrenti. Non vogliono i servizi di car-sharing, non vogliono le app di trasporto, e sono restii anche agli NCC. Sono contrari alla normativa Bolkestein, e allo stesso tempo ai Pos (dite quello che volete: mai pagato con un pos su un taxi in Italia, nè a Roma nè a Milano nè a Torino). E sono contrari anche ad aumentare di numero di licenze, quindi i loro stessi colleghi.
Quindi, se da una parte ci sono delle responsabilità governative, è abbastanza lampante che i disagi per la mancanza di auto bianche sono da imputare anche agli stessi tassisti, che temono ripercussioni economiche in caso di aumento di licenze.
Ritenere che il taxi sia un servizio pubblico è sbagliato. È anacronistico. Ma se vogliamo ostinarci a considerarlo tale (daltronde, è la foglia di fico che copre i mancati investimenti in mezzi di trasporto pubblico) allora và regolato in maniera autonoma. Altrimenti, tanto vale liberalizzare il servizio.
Lo sciopero dei tassisti non è incomprensibile, come afferma il ministro Urso, è semplicemente inopportuno.
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