Se da una parte è vero che la stampa mainstream ha da tempo inquadrato il problema di ogni cosa nella Russia, d’altra parte è innegabile l”escalation che il paese di Putin sta favorendo nelle realtà a lui più legate. Una su tutte, quella serba.
Negli ultimi mesi è stata abbastanza evidente la ripresa di atteggiamenti violenti e tensioni proprio tra Serbia e Kosovo, ed i timori di quest’ultimo paese sono stati per altro sminuiti. Nei giorni scorsi però proprio in questo clima di tensione si è registrato l’ennesimo scontro armato, costato la vita ad alcune persone.
A ben vedere, la Russia può contare su numerosi territori “separatisti” disposti ad armarsi ognuno per la propria causa. Vedasi anche il recente blitz militare in Nagorno-Karabakh, dove la Russia (che controlla di fatto il territorio) non è intervenuta militarmente a sostegno di un alleato ritenuto, di recente, troppo “filo-occidentale”.
Il problema è che tutte queste cause (presunte o reali) vanno inevitabilmente a fare due cose: da una parte aumentano l’influenza della Russia stessa, che sarà chiamata a fare da ago della bilancia e da paciere. Dall’altra mettono pressione all’Europa, mostrando fin dove i russi possono spingersi, ossia fin nel cuore dei balcani.
Tutto ciò è ovviamente il frutto di anni di indecisione sul da farsi, con tutti questi territori contesi. Gli accordi di pace siglati sulla carta non hanno mai retto, ed i mancati riconoscimenti giuridici (anche da parte di diversi stati membri europei) sommati al generale disinteresse delle istituzioni europee non hanno fatto altro che aumentare l’influenza russa.
Serve una mossa decisa nel riconoscimento dei confini europei e nello sradicamento di pressioni anacronistiche come quella serba. Altrimenti, in questo stato di indecisione perenne, vincerà sempre la mano più armata.
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