Quante volte avete percorso uno dei sentieri ufficiali del Parco Nazionale della Sila? Non è una domanda scontata, perché pare piuttosto difficile trovare persone a conoscenza della possibilità di seguire una rete di percorsi di oltre 300 chilometri.
Se ne scrivo è per via di un paradosso. Molti calabresi emigrati nel nord (e non solo) scoprono la passione per il trekking, per l’hiking, per le escursioni e per le gite “in montagna”. Di per sè, questo è un bene, se consideriamo che ci riteniamo “gente di mare” in una terra prevalentemente montuosa.
Ne parlano bene, di queste passeggiate all’aria aperta, lontano dalla città, e poi aggiungono quasi tutti un dettaglio: specificano che queste cose, da noi in Calabria, sono impossibili.
Ebbene, è falso. Certo, non avremo scenari degni del Gran Paradiso, delle Dolomiti o delle Alpi, ma abbiamo comunque un “sistema montano” ben strutturato, riconosciuto dal CAI per quanto riguarda i sentieri e da numerose associazioni di guide esperte.
Forse c’è da dire che l’altopiano silano (al pari degli altri parchi regionali) non ha puntato molto, sull’escursionismo. Si continua a preferire l’idea degli sport invernali, degli impianti di risalita: idee che come sappiamo sono oramai superate, ed alle quali è opportuno affiancare altro.
C’è poi da combattere anche l’idea di un territorio selvaggio nel senso negativo del termine. Sono in tanti, infatti, a confessare di avere paura di avventurarsi da soli su sentieri particolarmente lunghi. Non tanto per paura del lupo, ma per paura dell’uomo. Una sorta di atavico timore per dei “briganti” malintenzionati.
Su questo, e su tanto altro, il parco della Sila e le varie realtà locali dovrebbero impegnarsi a trasmettere un’immagine migliore.
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