Alla fine dopo tanti anni di attesa sono riuscito finalmente a visitare la capitale dell’Albania, in un insolito viaggio a quattro alla scoperta di un paese che negli ultimi anni sta vivendo una vera e propria riscoperta.
Per tutta l’estate i principali quotidiani nazionali non hanno fatto altro che parlare delle vacanze “low-cost” proprio di fronte all’Italia, al punto di generare un vero e proprio boom di richieste. Per fortuna noi avevamo già programmato il viaggio dallo scorso anno, ed anziché fermarci alla sola costa ci siamo addentrati in una delle più strane capitali europee che abbia mai visitato.
Ok, lo so ovviamente: l’Albania non è in Europa, non fa parte della Comunità Europea nè dell’area Schengen. Ma penso che ci rientri di diritto, e sarò contento quando un giorno ne farà effettivamente parte.
Torniamo a noi. L’impressione che abbiamo avuto di Tirana è stata per lo più unanime: strana. Ci ricordava un po’ la Crotone di trent’anni fa, piena di mercatini e bancarelle per strada, stracolmi di roba da vestire ed utensili per casa. Le vie adiacenti al centro erano per lo più vicoli dove poter comprare di tutto.
Il centro, poi, è un concetto astratto. Per noi turisti è stata l’immensa piazza dedicata a Skanderberg, attorno alla quale abbiamo orbitato per quasi l’intero soggiorno. Ma abbiamo capito che per i locali era diverso, con tante aree di interesse sparse nei vari quartieri della città.
Città che sembra più piccola sulla mappa, ma che è molto grande da attraversare, sopratutto a piedi. Le dimensioni della stessa piazza, o del boulevard che porta allo stadio, sono impressionanti. E con il sole ed il caldo di fine estate, hanno rappresentato anche un disincentivo a muoversi.
Estremamente caotica per quanto riguarda il traffico (sono lieto di non aver noleggiato un’auto) la città è viva. Vivissima. Lo si vede, a tutte le ore, con tanta gente in giro. Piena, pienissima di giovani, sopratutto ragazze che è frequente vedere con bende, cicatrici, volti tumefatti: ciò che rimane dei tanti interventi chirurgici che un po’ tutti si fanno, da queste parti.
C’è dunque un ambiente informale, giovanile e rilassato. Molto moderno, al passo con i tempi. La città è un grande cantiere a cielo aperto, ed i grattacieli si stanno letteralmente mangiando il centro, occupando spazi di cielo e svettando su ogni cosa.
Quel che forse manca, a Tirana, è quell’autenticità albanese che cercavo. Ma daltronde non può che essere così, in una capitale. Certo, il grande museo e le varie serate a tema aiutano, ma tutto sembra una pantomima per turisti, anzi, lo è.
Altro dettaglio che mi ha stupito, è stata la mancanza di centri storici: certo, Tirana è una città relativamente recente, ma l’unico dettaglio storico (la fortezza di Giustiniano, in pieno centro) è stata trasformata in un’area commerciale. Bella, per carità. Però…
Altro grande assente il carattere ottomano che pensavo di trovare un po’ ovunque. Certo, sono diverse le architetture ottocentesche e settecentesche ancora in piedi, ma più di questo nulla. In realtà, sotto questo aspetto, è sembrato di essere in una grande città qualsiasi, globalizzata come le altre.
Per finire, due considerazioni. La sicurezza. In molti pensano di andare in chissà quale area di guerra, in realtà più che un problema è un pregiudizio. Fatevelo passare. E poi, i costi. A mio avviso, non abbiamo risparmiato poi così tanto rispetto ad altri posti. Abbiamo anzi trovato prezzi ben allineati ai nostri, anche al camio attuale di 100 lek per 1 euro.
È stata comunque una bella vacanza, in un luogo insolito che sta vivendo la sua primavera. Spero però di tornare in Albania per vedere anche altro, andando oltre le spiagge affollate e dirigendomi verso quei patrimoni dell’Unesco e quei gioielli nascosti che il paese certamente custodisce ancora al suo interno.
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