È notizia di questo pomeriggio che l’ennesimo bando per tentare di stabilire un volo tra Crotone e Roma è andato deserto. In altri termini, ciò vuol dire che le compagnie aeree (tutte) non ritengono conveniente stabilire la tratta, neppure a fronte degli sgravi e degli oneri sostenuti dallo Stato.
Su questa situazione pesa sicuramente il fatto che le compagnie si trovano a dover sostenere dei costi maggiori, di questi tempi. Lo scorso anno Ryanair (che guardiamo ancora con reverenza nonostante il trattamento che ci ha sempre riservato) aveva dato l’addio ai “voli a 10 euro” per il caro carburante, e lo stesso vale per tante altre realtà che non se la passano di certo meglio. È logico che si cerchi dunque di preservare le tratte esistenti, o quanto meno redditizie.
Purtroppo però a Crotone questo non si capisce. Si crede che basti qualche articoletto con scritto che i voli per Bergamo sono sempre pieni per giustificare la pretesa di questa o quella tratta. Ma non basta. Al netto dell’impegno della Sacal, lo scalo crotonese continua ad essere una cattedrale nel deserto, e viene gestito come qualcosa che ormai c’è e deve funzionare per forza di cose.
Potremmo definirlo come un accanimento terapeutico, probabilmente. Anche perché il primo cittadino ha già richiesto l’apertura di un nuovo bando, sempre per un collegamento aereo tra Crotone e Roma. Duro come la pietra, Voce spera che continuando ad aprire bandi prima o poi esca qualcosa. Senza spiegare che i voli diretti per Roma partono già da Reggio Calabria e Lamezia Terme. Ne serve davvero un altro?
Finché continueremo a guardare allo scalo come qualcosa che serve solo ai crotonesi, tanto vale chiuderlo. Se si vuole puntare ad uno sviluppo reale, l’aeroporto non deve “imitare” gli altri scali regionali, ma innovare: quest’anno Lamezia ci ha “fregato” il collegamento con Tirana. Crotone può diventare punto di partenza per l’est europa, per la Grecia, per il nord-africa o il medio oriente. Deve colmare un vuoto, non intasare le rotte già esistenti.
Solo così si può sperare in un risollevamento dello scalo. Sono decenni che ripetiamo le stesse cose (ed almeno dieci anni che ne scrivo), e forse serviranno chissà quanti altri decenni prima che si riesca a superare questo campanilismo infrastrutturale di cui, evidentemente, non riusciamo a fare a meno.
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