La politica è ormai un argomento di scontro aperto, da porre in una normale conversazione allo stesso modo di come si parla di calcio, del tempo, del gossip e così via. Quasi per osmosi, si assorbono determinate informazioni e stop, ogni altro approfondimento è vano: ecco dunque che i programmi nazionali si discutono con la stessa perizia con cui si analizza un rigore o una punizione.
Mi capita sempre più frequentemente di parlare con perfetti sconosciuti (così come mi è successo oggi, durante una giornata di prova-lavoro in giro per la Calabria) che ad un certo punto attaccano a parlare di politica. In modo molto discorsivo, giusto per riempire il tempo di un tragitto o un’attesa: difatti non si tratta di confronti, ma semplicemente di esprimere una propria opinione.
La cosa mi turba non poco. Anzi, mi turba molto. Perché quando una persona appena conosciuta ti chiede per chi voti, lo fa prevalentemente per inquadrarti, per capire da che parte stai, un po’ come si fa con le squadre di calcio. Una sorta di controllo preventivo, per capire se si può andare daccordo o se si deve convivere tranquillamente per quel poco che ci si vedrà (o se si deve litigare, perché no).
Forse la politica è sempre stata questo, non lo so. Una marchetta da esibire con orgoglio o negare con disprezzo. Adesso più che una bandieruola assomiglia forse ad un’adesivo, di quelli che si attaccano e staccano: chi ha votato Lega voterà Fratelli d’Italia, e lo farà “per provare“.
Ed io? In tutto questo, come lo spiego che sono di tutt’altra parrocchia? Perché quando accenni al fatto di non sostenere l’urlatore di piazza di turno, iniziano i sospetti: a quindi voti la sinistra? Voti le tasse? Voti le patrimoniali? Voti le unioni civili (generalmente appellate come per-i-ricchioni)? Voti contro l’Italia?
Già, e vorrei potermi spiegare, vorrei poter discutere del perché ‘sti discorsi li reputo più giusti di chi promette flat tax ad occhio. Ma in questi momenti così veloci, di vita quotidiana, non c’è tempo per spiegarsi. C’è tempo solo per inquadrarsi, furtivamente, e proseguire nelle proprie convinzioni.
Daltronde, la destra sguazza in questo clima, fatto di slogan e nessun approfondimento. Tre leader di una sola coalizione promettono quotidianamente cose diverse l’uno dall’altro, eppure sono li che a momenti arrivano al 40%. E si, ormai ne sono convinto: ci ritroveremo Berlusconi al Senato, dopo che ha quasi mandato in default l’Italia con il suo ultimo governo.
A questo punto, per intenderci subito con chi attacca a parlare di politica e di voti, non mi resta che mimare sempre il solito gesto: la destra nel cestino della spazzatura. C’è chi ride, c’è chi mi guarda male, c’è chi se ne và… manca solo chi si mette a parlare.
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