Immaginate di dover scrivere un’articolo su una società tedesca intenzionata ad investire in una fabbrica, in un progetto o in una attività locale. Vi verrebbe mai in mente di descrivere i probabili acquirenti – indipendentemente dalla loro serietà o dalla concretezza dei loro piani – come “gruppo nazista“? No vero? Bene. Perché nazista e tedesco, aldilà delle facili ironie, sono due cose diverse.
C’è però chi continua, imperterrito, a mischiare gli aggettivi. Ed ecco che oggi, al netto di tutte le cose interessanti sulle quali avrei potuto focalizzarmi, mi capita un articolo di calcio. Roba che in genere non mi interessa mai più di tanto, ma quando leggo la parola sovietico c’è tipo una calamita che entra in funzione. In special modo quando si tratta di castronerie.
Si parla infatti della cessione del Cosenza Calcio ad una fantomatica cordata di imprenditori russi che avrebbe messo sul piatto oltre 12 milioni. Si tratterebbe di un’offerta seria e strutturata – rientrante dunque nei parametri posti dalla Figc – ma sulla credibilità degli investitori aleggerebbe qualche dubbio, al punto che seguiranno ancora incontri e verifiche non solo da parte dell’azienda sportiva ma anche da parte del Comune.
C’è però un problema a monte, come avrete notato anche solo aprendo l’articolo in questione: gli investitori russi vengono definiti sovietici. E non solo nel catenaccio del titolo, ma anche nel corpo dell’articolo, ad indicare che l’articolista effettivamente considera russo e sovietico una sorta di sinonimo. Ma ovviamente non è così, ed al massimo può tradire una russofobia o una russofilia da parte di chi scrive.
Com’è possibile che una redazione editoriale non si sia accorta di questa svista? Sono certo che l’errore sarà corretto quanto prima, anche perché non è detto che a tutti i gruppi di investimento russi manchi l’Unione Sovietica. Anzi, è altamente probabile che siano di tutt’altra parrocchia.
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