C’è un non so che di comico nella rielezione di Sergio Mattarella, che rimarrà a capo dello stato per altri 7 anni. Ed è una comicità generica, che riguarda sia la sua persona che tutta la pletora politica sottostante.
Si perché a questo punto possiamo dirlo senza troppi giri di parole: tutti i suoi rifiuti, tutti i suoi “no” alla ricandidatura, persino la foto del trasloco in atto… era tutta una messa in scena? Forse si forse no. Ma in fondo è già successo con Napolitano, un copione pressoché identico.
Sono dettagli questi che fanno perdere autorevolezza ad una figura che è riuscita a costruire un’aurea seria ed austera, e che in fondo aveva già messo in conto la sua rielezione. Anche perchè, come fanno notare in molti in queste ore, era improbabile che nessuno gli avesse chiesto niente.
Questo è il primo aspetto comico, un po’ da film fantozziano dove un sottomesso capo di stato vorrebbe defilarsi ma non ci riesce. Fa il doppiogioco, se volete, o buon viso a cattivo gioco. Un aspetto emerso raramente, nella figura di Mattarella, che troverà la consueta giustificazione con il “senso di responsabilità”, scusa evergreen buona in ogni occasione.
D’altra parte, però, troviamo il solito teatrino politico. Un teatrino forse appositamente messo in piedi per durare qualche giorno, che alla fine della fiera, dopo tanti attacchi e sopratutto tante parole (e nomi) si risolve con un nulla di fatto. Con niente di nuovo. Una metafora perfetta della politica contemporanea, capace di generare solo aria fritta.
Una novità forse c’è: il centro-destra sbriciolato, sfasciato, o addirittura distrutto come ha scritto qualcuno. Ma non illudiamoci, perché sono mal di pancia temporanei. L’obiettivo di tutto, se non si fosse ancora capito, era quello di non andare ad elezioni anticipate. Perché – sembrerà riduttivo – nessuno vuole perdere il lavoro, almeno per un altro anno.
E dunque, tanto vale sfasciare (apparentemente) una coalizione e tentare di capitalizzare voti, che tanto c’è ancora un anno abbondante di tempo per farlo. A dimostrazione di ciò, c’è un fatto ulteriore che passerà presto in secondo piano: le finte dimissioni di Giorgetti, che proprio poco fa ha detto di voler rimanere dov’è.
In questo balletto l’Italia ne esce sicuramente con la figura seriosa ed austera di Mattarella – che comunque può sempre reputarsi meglio di Berlusconi, Amato ed anche Casini – ma altamente indebolita in immagine interna. Anche perché, ultimo dettaglio da sottolineare, il bis al capo dello stato è stato concesso proprio da quei partiti che per anni hanno rotto i coglioni con la rielezione di Napolitano.
La memoria, si sà, dura solo tre giorni. Ma basta una ricerca in rete per andare a ripescare messaggi sparsi sui social di Lega e Movimento 5 Stelle contro la “dittatura” della rielezione. Ecco, oggi quei partiti non ci hanno pensato poi molto a rieleggere, per la seconda volta nella storia repubblicana, lo stesso presidente.
Il discorso l’abbiamo già affrontato, e sappiamo che non è una pratica incostituzionale. Tuttavia, così rischia di diventare una forzatura. Ma sopratutto, un segnale di debolezza di una rappresentanza incapace di convergere su figure autorevoli, ma in grado di sugellare solo scelte di parte (leggasi: di partito).
In questo marasma, traspare solo il senso di distaccamento e sfiducia nei confronti di una politica sorda, cambia bandiera e tutelatrice dei propri interessi. Una cosa nei confronti della quale è impossibile provare interesse.
Lascia un commento Annulla risposta