Ricordo, quand’ero studente, che una delle tante manifestazioni alle quali presi parte era contro la discarica di Giammiglione. Con un po’ di vergogna devo ammettere che all’epoca neppure sapevo dove fosse tale località. Ricordo solo che tutti erano incazzati con un vescovo, e che ci fu un grande dibatitto che alla fine fece tramontare il progetto. Almeno fino ad oggi.
Oggi le cose sono cambiate, e della vicenda ne so decisamente di più. E visto che ieri, al termine della conferenza dei servizi convocata dalla Regione, si è alzato un gran polverone, forse è opportuno ripercorrere un po’ la vicenda.
La località Giammiglione si trova tra la Strada Provinciale 56 e la Strada Statale 107, nella zona nord della città e prospicente all’area industriale. Nota anche come Mondo X per via della comunità di recupero che vi operò per diversi anni, era un terreno con annesso casino storicamente appartenuto a varie famiglie Secondo il Maone, il suo nome deriverebbe dalla fusione e contrazione di due nomi, Giovanni ed Emilio: Giammilius in latino, Giammiglione successivamente, anche se i nomi riportati negli archivi sono molto vari e fantasiosi.
Tale località, all’epoca lontana dal centro abitato, venne individuata dall’Eni come luogo dove far sorgere una discarica di rifiuti speciali, da utilizzare per la bonifica dell’area industriale di Crotone. Siamo nella prima metà degli anni ’90, dopo la famigerata notte dei fuochi quando oramai il destino dell’industria era già segnato.
Tale discarica avrebbe avuto una capienza di circa 5 milioni di tonnellate di rifiuti, secondo il progetto realizzato dall’imprenditore abbruzzese Guglielmo Maio (oggi Gruppo Maio), esperto del settore. Ma come immaginerete, all’epoca l’idea della discarica non venne neppure discussa: tutti gli enti si dissero contrari alla sua realizzazione, ed anche l’Eni si sfilò dalla trattativa.
Rimase dunque solo l’imprenditore a portare avanti una battaglia in solitaria contro Comune, Provincia e Regione. Come accade spesso con la giustizia italiana, la questione si complica: siamo nel 2009, e l’impresa di Maio acquisterà regolarmente i terreni di Giammiglione direttamente dall’allora vescovo Domenico Graziani, che travolto dalla critiche si dimise di li a poco.
Presentata la VIA arriva il parere negativo della Regione Calabria, e l’imprenditore ricorre al Tar, che nel 2011 gli da ragione. Annullata l’ordinanza regionale, la discarica si può fare. L’imprenditore dunque presentò nuovamente i suoi documenti, e la Regione negò nuovamente i permessi. Nuovo intervento del Tar, che nel 2012 annullò per la seconda volta l’ordinanza regionale.
La questione finì al Consiglio di Stato, che diete nuovamente torto alla Regione. Tuttavia, nel 2015 il Tar rigetterà entrambe le istanze, e nel 2016 verrà dichiarata cessata la materia del contendere. Ciò non placò gli animi, dato che i ricorsi continuarono fino al 2018, con esito – questa volta – negativo per l’imprenditore. La discarica non s’ha da fare, perché è cambiato il contesto, specifica il Consiglio di Stato sul finire del 2017.
Ed il contesto infatti è cambiato: l’area non è più una sperduta timpa disabitata, ma è a ridosso di uno dei quartieri più popolosi della città, ancora in espansione. Una discarica di tale portata, che servirebbe anche per il conferimento di rifiuti urbani, non è più una decisione che può essere presa a cuor leggero.
Arriviamo così alla seduta di ieri, dove le carte si sono nuovamente mischiate: a questo punto infatti è la Regione Calabria ad avanzare l’idea di realizzare proprio a Giammiglione una discarica, per far fronte però all’emergenza rifiuti. Non più dunque una discarica per la bonifica delle industrie, ma per la spazzatura. Una decisione, dicono dalla Regione, motivata dal fatto che il Commissario per l’emergenza rifiuti – ossia l’allora presidente della Regione – indicò il luogo come idoneo per ospitare una discarica.
Subito contrario il sindaco di Crotone, che ha parlato di “assurdità” (a ben ragione, in questo caso) dato che il progetto sarebbe addirittura “svuotato” dalla necessità di ospitare i rifiuti delle bonifiche. Si tratterebbe di sfruttare circa 35 ettari di terreno per “ricevere spazzatura da tutta Italia ed Europa”, ha dichiarato Vincenzo Voce, che annuncia già battaglie e mobilitazioni.
È tutto molto confuso, vero? E lo diventa ancor di più se ci allontaniamo da Giammiglione: a pochi chilometri di distanza infatti sorge la discarica di Columbra, costruita anch’essa a ridosso di un popoloso quartiere (tra Poggio Pudano e Cutro) e che, in origine, avrebbe dovuto ospitare rifiuti pericolosi derivanti dalle bonifiche. Oggi, di fatto, è l’unica discarica della Regione.
È dunque un quadro molto confuso, sul quale l’amministrazione (ma sopratutto il sindaco) giocano una doppia partita. Una di natura locale, contro la Regione che pur avendo sempre allontanato l’idea di una discarica industriale vuole realizzare un’ulteriore discarica per rifiuti comuni, e che anziché realizzarla altrove pretende di realizzarla nel crotonese, dove – come già detto – già esiste l’unica discarica regionale.
Dall’altra parte, invece, è una partita nazionale. Contro l’Eni, ovviamente, che non ha ancora del tutto chiarito dove vuole portare le scorie ed i rifiuti. La multinazionale continua a lasciare aperta la porta di un tombamento in loco (ricordate il progetto presentato qualche anno fa?), contro il quale il sindaco è apertamente contrario: le scorie vanno portate altrove, dice. Dove non si sa. Ma chi si prenderà mai carico dei nostri rifiuti resta un mistero.
In ultima analisi, possiamo affermare che la crisi industriale e la crisi dei rifiuti insistono sulla Calabria da circa un quarto di secolo. Da 25 anni non sappiamo come risolvere nè l’uno nè l’altro, e tra rimpalli al Tar, al Consiglio di Stato, ordinanze bocciate, indagini, processi e parole… e niente, sono passati 25 anni.
Speriamo che questa volta il no sia chiaro e definitivo. Altrimenti ci troveremo impantanati in un’ulteriore situazione destinata ad allungare un brodo acido che nessuno vuole più bere.
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