Oggi il Presidente facente funzione della Calabria, Nino Spirlì, ha annunciato di aver nominato il nuovo direttore della Calabria Film Commission. È stato scelto tale Santo Vittorio Romano, che succederà alla guida di Giovanni Minoli, voluto dalla Santelli e dimessosi dopo la sua morte.
È una notizia che apparentemente non ha una grande importanza, ma non è così. Per più motivi.
Anzitutto, questo direttore (come si legge nella nota regionale) rimarrà in carica per i prossimi cinque anni, percependo un lauto stipendio corrispondente “a quello dei dirigenti generali dei dipartimenti della Giunta regionale, decurtato del 20%”.
Detto in altri termini, sarà pagato da tutti i calabresi pur occupandosi di film e cortometraggi di promozione territoriale. L’esempio più recente è il discusso corto di Muccino, ecco, Romano dovrà fare cose del genere.
Sono tuttavia indicative le parole usate da Spirlì, sull’onta di quanto dichiarato anche dalla Santelli. Cito testualmente:
La Calabria Film commission dovrà saper produrre e non solo ospitare passivamente produzioni che, lo ripeto, in passato hanno mortificato fin troppo la nostra dignità. A chi viene in Calabria per girare film, fiction e documentari sul malaffare e sulle saghe mafiose, diciamo: “Non sei il benvenuto”. Da questo momento in poi, in Calabria si parlerà di cose belle, di amore, sentimenti e buoni propositi
Davanti ai nostri occhi, non abbiamo altro che una forma di censura bella e buona, con l’aggravio dell’impiego del denaro pubblico.
Perché per quanto possa essere condivisibile il discorso di una terra “martoriata” da docufilm incentrati prevalentemente sulla criminalità (il che è vero, e vale anche per il mondo letterario), è altrettanto vero che l’immagine che ci siamo dipinti è esattamente questa.
La Calabria è una terra permeata dalla criminalità, organizzata o meno. E più lavoro nel mondo dell’informazione, più mi rendo conto di quanto sia presente questa compagine nella quotidianità.
È lecito che un amministratore voglia puntare su una promozione turistica e culturale sana e positivia. Ma è discutibile pretendere che questa narrazione possa essere l’unica, o la principale.
Il tentativo della Regione è chiaro, e segue un po’ l’idea dello spot prodotto dalla Regione Sicilia ed in onda in questi giorni anche in tv. Uno spot promozionale, turistico, anche curiùso da vedere.
Ma per fare uno spot del genere, c’è bisogno di nominare un direttore di una commissione stipendiato dai cittadini per cinque anni?
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