Qualche tempo fa mi ero impallato con alcuni oggetti a ricarica solare. Lampade solari per l’esterno, faretti solari per dotare di piccoli punti luce l’orto, caricabatteria solari da posizionare ed usare dove preferivo. Insomma, una serie di oggetti poco comuni e frequenti, che ho deciso di provare per scoprirne il potenziale.
A distanza di poco più di un anno, la maggior parte dei dispositivi acquistati si è danneggiata, si è rotta o non funziona proprio più. In alcuni casi, i meccanismi sono visibilmente corrosi dall’umidità e dall’acqua, che rende impossibile ogni contatto elettrico. In altri, i led (e non chiedetemi come sia possibile) sono già scarichi, pur dopo un utilizzo incredibilmente ridotto. Ad oggi mi ritrovo con una serie di prodotti di dubbia utilità, che anziché darmi una mano a lungo termine sono già costretto a buttare.
Il marketing che è servito per far vendere il prodotto si infrange ora all’atto del tirare le somme, in quanto aldilà delle espressioni come green ed eco scritte un po’ ovunque, mi ritrovo ora a dover smaltire plastica, alluminio, circuiti stampati e led. Dopo poco più di un anno di utilizzo. Il che è ridicolo, visto che si tratta appositamente di prodotti per l’esterno.
Certo, abitando di fronte al mare il clima è un po’ più aggressivo, e questo ha favorito un deterioramento più rapido dei prodotti. Ed è anche vero che, tutto sommato, il costo non è stato eccessivo al momento dell’acquisto. Tuttavia, questa “sensibilità” è il limite intrinseco dei prodotti a ricarica solare, che fanno preferire di gran lunga l’utilizzo di classiche lampade e punti luce.
Magari – anzi, sicuramente – esistono prodotti migliori, più duraturi e fatti meglio. Ma allo stato attuale, è comprensibile il perché questi oggetti non abbiano ancora sostituito i classici prodotti di largo consumo.
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