Ormai è dai primi mesi del 2018 che lavoro nella zona industriale, in pieno SIN, ed ovviamente utilizzo la macchina per andare a lavoro. Circa 40 chilometri ogni giorno pur non uscendo mai da Crotone. Un piccolo paradosso, che vale la pena affrontare pur di lavorare, e va bene così.
Come mi capitava a Londra, sempre nel percorso casa-lavoro e viceversa, quando guido e mi muovo per la città presto particolare attenzione a diversi dettagli. Certo, per prima cosa sto attento a guidare e a come guidano gli altri, ma non solo. Riconosci gli altri “pendolari” (termine difficilmente applicabile in città), i loro volti, sempre gli stessi, ogni mattina nello stesso punto, mentre attendono di attraversare la strada, mentre escono dal bar, mentre guidano. Riconosci anche le loro macchine, dopo un po. Non sai come si chiamano, ma sai cosa guidano.
Osservi i cittadini, intenti ogni mattina nella loro routine. Gli anziani che passeggiano, alcuni giovani che portano a spasso i cani, delle signore intente nelle passeggiate veloci. Ogni giorno, quasi meccanicamente, nello stesso punto, grossomodo alla stessa ora. Osservi la città, la sua condizione, vedi i cantieri progredire, vedi crescere le piante, vedi “il tempo”.
Tra le tante cose che vedi, ce n’é una che mi ha colpito più di tutte. Sono i balconi delle abitazioni, in particolar modo nel fine settimana, quando si riempiono di panni stesi. Sono mesi oramai che, tornando a casa il sabato, all’ora di pranzo, vedo sempre gli stessi panni stesi ad asciugare. Divise da lavoro più che altro, che dopo una lunga settimana di lavoro si godono la meritata pulizia dopo aver sopportato ogni tipo di sporcizia e di sudore.
Inevitabilmente, finisci a pensare alla vita di tutte quelle persone. Alle loro attività, al loro lavoro, a come l’hanno passata, la settimana appena terminata. Ti ci immedesimi in un certo senso. Bastano pochi indumenti per capire dove abita un meccanico, un elettricista, o un’operatore ecologico. E va a finire che pensi alle loro fatiche, ai loro problemi, ai loro sforzi. Fai tue, per un attimo, tutte le paranoie e le difficoltà di quelle persone. Per un attimo, per un secondo, paragoni i loro sforzi ai tuoi.
Quante storie si nascondono, dietro ai panni stesi. Quante vite normali, quante persone comuni, che raccontano un pezzetto della loro vita e della loro intimità semplicemente mettendo in mostra i loro indumenti. Un bagno nella quotidianità lavorativa di una città non proprio rinomata per il suo mondo del lavoro.
Insomma, ogni sabato è ormai un’appuntamento fisso. In particolare con la “divisa” da lavoro dell’Akrea: ogni sabato so che quell’operatore ecologico ha finito anche lui il suo turno, e si sta godendo il suo meritato riposo. Lo vedo sempre, quel pantalone e quella giacca, stesi ad asciugare, e la cosa mi da una tranquillità ed un senso di normalità che difficilimente riesco a spiegare.
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