Ok, diciamocelo chiaramente: non tutti sono d’accordo con i criteri di assegnazione delle bandiere blu, considerati esclusivi specialmente per le spiagge “selvagge” che si possono trovare ovunque in Italia. Ma la bandiera blu, al pari di ogni altro riconoscimento collettivo, da oltre trent’anni indica quelle “spiagge ideali” che si trovano in ogni regione. Quelle spiagge sopra la media, che offrono qualcosa in più al solo andare a mare, e che in un certo senso vale la pena vedere.
Non ne fanno mistero, in fondo, gli oltre 380 comuni che in Italia si fregiano di questo riconoscimento, che spesso e volentieri mettono in mostra la bandierina poco sotto al cartellone di benvenuto. Un riconoscimento è un riconoscimento, una certificazione, un vanto, che si mette in mostra con orgoglio e fierezza. Ed allo stesso modo, ogni anno si fà una gran pubblicità a quelle che sono le spiagge blu, riconfermate di volta in volta o nuove entrate di una lista esclusiva che spesso è l’unica particolarità che un paesello sullo Jonio possa offrire.
La Calabria, nel 2018, ha visto riconoscersi 9 bandiere blu: Praia a Mare, Trebisacce, Tortora e Roseto Capo Spulico in provincia di Cosenza; Cirò Marina e Melissa in provincia di Crotone; Soverato e Sellia Marina in provincia di Catanzaro; Roccella Ionica in provincia di Reggio Calabria. La provincia cosentina, largamente esposta sia sullo Jonio che sul Tirreno, può vantare il più lungo tratto di costa, e di fatti si piazza prima per numero di comuni riconosciuti.
Ma come siamo messi a livello nazionale? Non troppo bene. Sul podio troviamo la Liguria (con 27 località riconosciute), seguita dalla Toscana (19 località) e dalla Campania (18 località). Insomma, ben due regioni del nord che primeggiano in una competizione dove bisognerebbe vincere a mani basse. In questa “gara”, la Calabria è solo settima.
È quanto meno curioso constatare che la Calabria, che dispone dei suoi famosi “800 km di costa” fin troppo spesso rivendicati per “incentivare il turismo”, riesca a vedersi riconosciuti appena 9 località. Certo, da noi abbondano le spiagge “selvagge”, con il loro fascino unico ed antico, ma questa bassa posizione in classifica potrebbe essere sintomatica: potrebbe indicare che non siamo in grado di offrire quei servizi tanto necessari per incentivare il turismo.
In rapporto, la Liguria, con i suoi 330km di costa, ci offre una bandiera blu ogni 12km. Un vero e proprio record. La Calabria invece ne offre una ogni 88km. Un po’ meglio la Puglia, che con le 14 località riconosciute ed i suoi 865km di costa ci offre una bandiera blu ogni 61km. Ovviamente ogni regione ha i suoi punti di eccellenza, riconosciuti a livello nazionale, e questo vale anche per la Calabria, dove molte delle mete più gettonate non sono neppure vicine alle bandiere blu.
Insomma, è un discorso controverso. Certo è che nella nostra regione è veramente facile perdersi nell’incantevole e ammaliante fascino del rude, dell’essenziale, del “minimal” selvaggio e crudo. Basta una capannella, un bar sulla spiaggia, con qualche bibita fresca e qualche gelato. Al massimo la doccia. Nient’altro, per essere contenti.
Tutto bellissimo. Ma dobbiamo prendere atto che questa condizione non porta a nulla. Nessuno si fa due ore di volo (o otto ore di bus o treno) per andare in una spiaggia dove non c’è nulla, a meno di non avere un qualche legame col posto. Dovremmo prendere atto che serve offrire qualcosa per incentivare le persone a venire. E la bandiera blu è un riconoscimento che potremmo sfruttare a pieno: lidi e stabilimenti non mancano, spiagge accessibili ed incontaminate pure. Perché non farle riconoscere?
Perdonate il termine, ma dobbiamo “sfruttare” al meglio ciò che abbiamo. Non farlo è un danno a noi stessi, consolidato nella costante affermazione che “abbiamo tutto e non ci manca nulla”. Per carità, verissimo: ma bisogna decidere se mettere questo tutto a disposizione degli altri, o se tenercelo per noi.
E solo nel primo caso, allora, potremo parlare davvero di turismo
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