Doppio smacco per gli yankee. A poco sono servite le minacce di Nikki Haley, ambasciatrice USA all’ONU, che aveva minacciato di “segnare i nomi”, per “ricordarsene in futuro”, di chi avrebbe votato contro la decisione di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele. Una lista bella lunga, composta da ben 128 paesi.
Il mondo intero, ad eccezione di Israele e Stati Uniti accompagnati da Guatemala, Honduras, Isole Marshall, Micronesia, Nauru, Palau e Togo, non riconosce Gerusalemme come capitale d’Israele. Perché in fondo Gerusalemme non è la capitale d’Israele. Gli USA ovviamente sono liberi di trasferire la propria ambasciata in Gerusalemme Ovest, ma in modo del tutto arbitrario ed unilaterale.
Da anni si discute il fatto che Israele sia in fondo una teocrazia, e la decisione di riconoscere Gerusalemme per via del “trascorso biblico” non fa altro che alimentare questa tesi. Coloro i quali accusano i vicini di essere “stati religiosi intransigenti e totalitari”, non sono poi così diversi: in fondamentalismo religioso aumenta, l’idea di “popolo scelto”, “eletto”, “destinato” avanza. Puttanate, che non possono essere tollerate.
Le terre non le assegna Dio, e appartengono a chi ci vive. Permettere agli Israeliani di ampliare il loro confine a suon di bombe e demolizioni è anchesso un crimine contro l’umanità. Le minacce degli USA, per il resto, si commentano da sole, e descrivono perfettamente la pessima “linea” utilizzata da Trump.
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