Qualche sera fa mi è capitato di rivedere The day after tomorrow, andato in onda su Italia 1. Ricordo di averlo visto al tempo, dato che quando uscì fece parlare molto di sè per le scene catastrofiche e per le numerose critiche mosse dal mondo scientifico. Si parlò infatti di una vera e propria esagerazione nell’ottica di quello che, al tempo, era un argomento ancora piuttosto defilato.
E l’argomento era quello dei cambiamenti climatici. Un tema ancora oggi spinoso, nonostante sia estremamente di attualità. Certo, non si è verificata (e probabilmente non si verificherà mai) l’indondazione di New York, nè sono stati visti tre enormi uragani che distruggono tutto il mondo. Ed è difficile anche solo ipotizzare che una nuova era glaciale sia dietro l’angolo.
Certo, non possiamo dire che il film c’abbia azzeccato, ma il punto di questo post è un altro. Ad inizio millennio il tema dei cambiamenti climatici era fortemente sentito al punto che ci venne fatto un film. Questione di marketing e di incassi, certo. Ma è evidente che la percezione sia notevolmente cambiata da allora. Oggi l’argomento sembra quasi tornato nel dimenticatoio, nonostante sia estremamente attuale.
Piogge improvvise, grandinate violente, caldo record già a febbraio ed incendi che devastano la costa ovest degli Stati Uniti. Ogni nuovo anno batte il precedente record di anno-piu-caldo, ed anzichè allarmarci per l’argomento facciamo spallucce mettendo in dubbio dati e rilevamenti. Le temperature del mare salgono, il Mediterraneo ha raggiunto livelli di un mare tropicale, i ghiacci si sciolgono, e via dicendo.
Ecco, col senno di poi, anche se il film si è preso una licenza poetica di peso, non possiamo affermare che si sia sbagliato. Un punto infatti l’ha centrato in pieno: lo scetticismo ed il negazionismo, che perdurerà fino a fatti compiuti. E così sarà, anche al di fuori dello schermo.
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