Sta destando scalpore la decisione del gruppo Meta di sospendere l’ambizioso programma di fact-checking avviato nel 2016, che almeno sulla carta doveva contrastare la diffusione delle fake news e dei contenuti fraudolenti online. Ma non dovremmo di certo stupirci: il gruppo guidato dal prodigioso Zukerberg non è mai stato interessato ai fatti, ma ad un altra cosa. Cioè i soldi.
Quando la vittoria di Donald Trump lasciò in molti a bocca aperta, ci si rese conto che serviva una regolamentazione per i contenuti online. La maggior parte delle piattaforme social (quanto meno quelle che usiamo noi, dipendenti in tutto e per tutto dagli yankee) adotto dei sistemi di moderazione più approfonditi, allo scopo di evitare la diffusione virale di contenuti falsi, artefatti e potenzialmente pericolosi. La cosa venne vista, già al tempo, come una sorta di “censura” ed in molti la criticarono aspramente, sopratutto dopo i ban allo stesso Trump da Facebook e Twitter.
Sono passati pochi anni, ma sembra un’era fà. Adesso Trump è di nuovo il presidente degli Stati Uniti d’America, ed ha nuovamente vinto non solo grazie ad una campagna politica approssimativa e piena di notizie false (come quella degli immigrati che mangiano i cani per le strade delle città americane) ma anche grazie ad una dimostrazione plastica del fatto che il dominio finora garantito a gruppi come Meta potesse essere messo in discussione.
Come? Non si guardi solo al suo social network (quel Truth a noi sconosciuto, per fortuna) ma anche alle manovre spericolate fatte nella transizione da Twitter ad X. Piattaforme con milioni di utenti stanno transitando ad un sistema privo di moderazione preventiva, spacciato come “migliore” perchè ti permette di essere “libero”. Affermazioni pericolose, ma che in un paese come gli Stati Uniti veicolano anche tutti queli altri milioni di utenti che iniziano a chiedersi se non sia davvero così.
In tutto ciò, il sistema di fact checking di Meta non è mai davvero partito o esistito, in realtà. Si, sulla carta c’è, e ci sono tante aziende (anche italiane) che si sono fregiate di questi badge che tanto vanno di moda. Ma chi li segue? Chi li legge, questi fatti? Chi li apprezza? Chi li condivide? Chi crea coinvolgimento, con i fatti? La verità è che i fatti non interessano. A nessuno. O meglio: interessano solo quando si cerca un’informazione specifica, e sopratutto solo se dicono quello di cui noi siamo convinti.
In questo scenario – non proprio filosofico ed esistenziale, ma prettamente economico – Meta ha fatto quello che fanno le grandi società occidentali: si è piegata al padrone. Al capitale. Al denaro. A quel Trump al quale aveva dichiarato guerra poco meno di 10 anni, perdendo una crociata per la corretta informazione che, inevitabilmente, si ripercuoterà su chiunque ci abbia creduto per davvero. Tanto negli Usa che in Europa.
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