La sentenza di assoluzione di Matteo Salvini era scontata, almeno in parte. Impossibile pensare di vedere riconosciuto un reato come il sequestro di persona, molto specifico e spesso inapplicabile anche a casi molto più gravi (come il trattenimento forzato in casa di un coniuge, ad esempio), che di fatto ha rappresentato più una provocazione che un solido appiglio giuridico. Discorso diverso, invece, per quanto riguarda il rifiuto di atti d’ufficio: i giudici hanno assolto l’imputato perchè il fatto non sussiste, nonostante il suo comportamento fosse apertamente in contrasto con le normative comunitarie.
Ovviamente c’è molta attesa per le motivazioni, visto anche che si profilano diversi ricorsi ad una sentenza al momento nebulosa. C’è chi ipotizza che il viminale abbia tali margini di manovra (e dunque possa impedire in modo diretto l’attracco di una specifica imbarcazione), o che il suo operato sia da inquadrare nell’ambito di un interesse superiore. Ma c’è anche chi ipotizza che i giudici attribuiscano il dolo della questione alla ong, che avrebbe rifiutato altri punti di sbarco.
A questo punto è facile avanzare ipotesi, ma è difficile capire. Il quadro che ne esce, però, conferma quell’impunità di cui gode tutta (tutta) la classe politica, che riesce sempre ad uscire dalla maglia rotta e può sempre avvalersi della carta dell’immunità, in caso contrario. Salvini ha fatto del processo un caso politico – molto più di quanto non abbiano fatto i suoi detrattori – parlando di “giudici comunisti”, “toghe rosse” e “legislatori di sinistra”, ma alla fine si è visto assolto, almeno in questo primo grado.
È comunque evidente che sta cambiando il paradigma di giudizio. Non so se questo sia necessariamente un bene o un male, ma tra tentativi di riabilitazione postumi e stravolgimenti della realtà (vedi Toti che patteggia una condanna e pubblica un libro in cui si dichiara “colpevole di aver governato”) il senso di giustizia si allontana sempre di più dalla nostra vita, dalla nostra percezione, al punto che sembra non sussistere più nulla. Ogni cavillo è valido ad annullare sentenze e condanne (vedi ‘ndrangheta stragista), e la giustizia, più che essere politicizzata, pare essere immobilizzata.
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