In questi giorni le polemiche sulle “dimissioni” di Carlos Tavares si sprecano, e continuiamo a sentire continui attacchi bipartisan non sempre basati sulla realtà. Certo, Tavares non è stato un lungimirante direttore d’azienda, ma fondamentalmente non ha fatto ne più nè meno di quanto fece il tanto compianto Marchionne: delocalizzare, esternalizzare, ridurre, tagliare, cassintegrare… solo che lo ha fatto in un periodo un po’ peggiore.
Perchè adesso la cosiddetta “crisi dell’automotive” (inglesismo entrato nelle nostre vite un paio di anni) è esplosa non solo in Italia – dove covava da anni, basta leggere un archivio di un qualsiasi quotidiano – ma in tutta Europa: e gli occhi sono puntati proprio su quella Germania ritenuta incrollabile, caduta da qualche anno in un vortice dal quale non si vede via d’uscita.
Ma perchè non si vendono più auto? Perchè le produzioni si riducono così all’osso da essere insufficienti a tenere aperti anche stabilimenti enormi, come quello di Wolkswagen, che chiuderà (chiuderà!) ben tre fabbriche? I capri espiatori sono tanti. L’Unione Europa ha dato subito la colpa alla Cina: alla faccia del libero mercato, abbiamo applicato dei dazi alle case automobilistiche cinesi che importano e vendono in europa… senza però ricordarci che dalle stesse fabbriche compriamo buona parte dei componenti usati nelle fabbriche europee.
Ma non solo: molti governi nazionali – tra cui quello italiano – orientati prevalentemente/esclusivamente a destra hanno preso di mira il green deal, affermando che questa crisi sia anche dovuta (almeno in parte) all’obbligo di dismettere la produzione di auto benzina e diesel. La transizione energetica, che procede ancora molto a rilento, causerebbe il crollo delle vendite di auto a motore termico. Come, però, nessuno lo spiega.
Non è che il problema risiede altrove? Nelle ultime settimane sto leggendo – finalmente – numerosi articoli riguardo alla percezione popolare della questione, che va in una sola direzione: le auto non si vendono perchè costano troppo. E qui ci scontriamo con una realtà molto più pratica e meno ideologica, lontana dalle colpe cinesi o dell’ibrido: non solo gli italiani, ma oggi come oggi molti cittadini europei non possono permettersi di acquistare un’auto.
Ovviamente, è una questione di percezione: non è tanto il costo dell’auto in sè, visti anche i numerosi incentivi disponibili, ma la disponibilità economica. Gli stipendi. Comprare un’auto nuova è diventato un lusso, perchè è diventato incredibilmente difficile mettere insieme anche 10 mila euro per farlo. E quindi si ricorre all’usato (altro campo preso di mira, ingiustamente). Oppure, si rinuncia proprio al possesso di un veicolo.
Sono molte, infatti, le case automobilistiche che propongono soluzioni di leasing a lungo termine tramite pagamento di un canone mensile fisso. Soluzioni che spesso includono anche l’assicurazione, oltre ad altri vantaggi. E poi c’è anche chi proprio l’auto la mette da parte, ci rinuncia e basta.
È difficile credere che nessuno ci abbia pensato a queste possibilità. Ed è un bene che finalmente si metta in evidenza che il settore è in crisi perchè, semplicemente, non si vende. Il problema sta però nel fatto che dobbiamo iniziare a capire che ci troviamo di fronte ad un settore che potremmo definire come “nuova Ilva”: tenuto in piedi afforza, senza una visione e senza un progetto concreto.
Anche perché il nostro progetto a lungo termine, a quanto pare, è attaccare i cinesi o la transizione ecologica. Fate un po’ voi…
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