Il dibattito attorno alle elezioni americane è diventato insopportabile negli ultimi giorni. Sono arrivato al punto da infastidirmi ad ogni notizia, ad ogni speciale, ad ogni talk, articolo, post… rappresentano una rottura di coglioni indicibile, perchè pare che debbano necessariamente essere la nostra principale preoccupazione. Ed ovviamente in parte è così: la destra europea oramai segue l’andamento dei repubblicani, imitandone ogni mossa tra convegni, eventi, vita social e così via.
La faccio semplice, per l’idea che mi sono fatto. Rivincerà Trump. Sarà anche un testa a testa, ma riuscirà a spuntarla perchè di fondo rappresenta il pensiero dell’uomo medio. Non solo dell’americano. Il suo fare semplice, smargiasso, finisce per far digerire anche termini aberranti come “deportazione”, utilizzato senza freni e limiti per parlare di ciò che toccherà ai migranti negli states.
Occorrerebbe una riflessione più approfondita, però, che mi riservo per il post-voto se ne varrà la pena. Perchè il supporto giunto a Kamala Harris – quello di Holliwood, delle riviste patinate, di determinate associazioni e movimenti – rappresenta di fatto una minoranza. E la percezione è quella di cui ci avvertiva Freud nel disagio della civiltà, quando alla grande massa popolare sembra di essere soggiogata da una elite.
È forse questo il paragone perfetto di questa tornata elettorale. Con la sola differenza che lo stesso Trump fa parte di quella minoranza tanto avversata, quella elite ricca e truffaldina (come altro definire un evasore fiscale formalmente nullatenente, con un patrimioni stimato in milioni di dollari?), nella quale però, evidenemente, si rispecchiano milioni di americani.
Lascia un commento Annulla risposta