In questi giorni stanno tenendo banco alcune fotografie di una vera e propria crepa che interessa un punto del promontorio di Capo Colonna, sul quale insistono (tra l’altro) dei reperti archeologici. Il punto, precisamente, è questo, e la faglia è ben visibile anche dall’alto.

Come avrete capito, non si tratta dunque di una problematica nuova, bensì di una questione nota e conosciuta. Di fatti, quelle strane piramidine di metallo che si vedono nelle foto altro non sono che dei rivetti in metallo piantati nel terreno per impedire che frani a mare. In verità alcuni avrebbero dovuto contenere dei sensori, ma su questo – ad oggi – non c’è certezza.

Purtroppo per noi, l’erosione costiera non si può fermare. Com’è noto, in passato il promontorio lacinio era molto più esteso (si parla di centinaia di metri) e nel corso dei millenni, sotto i colpi di acqua e vento, si è lentamente sgretolato diventando come lo conosciamo oggi.

È tutta “colpa” – si fa per dire – della calcarenite che compone non solo il promontorio di Capo Colonna, ma buona parte della costa fino a Le Castella. Un materiale naturalmente fragile, che è già franato più volte in vari punti nel corso degli anni.

Che fare? Niente. È brutto da dire, perchè perderemo progressivamente il nostro patrimonio archeologico (che può comunque essere parzialmente salvato e trasferito altrove), ma è altrettanto sbagliato pensare di poter trovare una soluzione definitiva ad un “problema” del genere.

Negli anni si è vociferata la qualunque, dalla cementificazione della falesia (!) alla creazione di una rete di scogli per proteggerla. Ma sono soluzioni tampone, che non impedirebbero, in ogni caso, il franare della costa. Lo rallenterebbero soltanto, forse.

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