La capacità di scrivere fesserie ha raggiunto nuovi picchi da quanto lo storytelling si annida in quelli che dovrebbero essere articoli informativi. Purtroppo la necessità di pubblicare contenuti ad ogni costo continua a sminuire la realtà, trasformandola in bucoliche (ed inesistenti) fantasie di qualche cialtrone digitale.

Non me ne voglia, l’autore dell’articolo intitolato Pipi e patate: il gusto autentico della tradizione calabrese apparso sul “nuovo” portale generalista del gruppo di LaC. Ma è riuscito ad inanellare almeno 3, 4 falsità solo nel primo paragrafo, sinonimo del fatto che non sappia assolutamente di cosa stia parlando, ma ne scrive per giustificare un articolo che in realtà e una ricetta.

Il “piatto emblematico” calabrese che è comune in tutto il sud, con nomi diversi, che non è assolutamente un “contorno” bensì una portata a se stante, e che non si faceva con ingredienti “freschi”, dato che in passato si usavano i peperoni conservati sotto sale (perché la tradizione contadina imponeva di consumare ciò che si produceva per conservarlo, sennò l’inverno si moriva di fame).

Apro una parentesi sui peperoni, dato che i “tabacconi” rossi, gialli e verdi di oggi in passato non esistevano. Anche i famosi “pepi tondi” (che sono detti nicastrìsi o reggitàni) oggi noti con l’onnipresente varietàTopépo in realtà erano meno frequenti, dato che in passato si coltivavano numerose varietà di peperone lungo, unico vero “antenato” presente lungo la costa tirrenica nella varietà di Cayenne e lungo la costa jonica nella varietà di Senise (con cui oggi si fa il crùsco).

Oggi siamo abituati ad avere patate e peperoni tutto l’anno, e quindi non possiamo sapere che tanto le patate che i peperoni (che si raccolgono proprio in questi mesi) venivano destinati quasi completamente al consumo invernale assieme a tanti altri ortaggi (come zucche, le melanzane, ma anche i corbezzoli, le sorbole) e conservati in cantine fresche o, per l’appunto sotto sale. Il sott’olio arriverà molto dopo, e sopratutto dopo il sott’aceto.

A proposito dell’olio, leggiamo nella ricetta che friggere il tutto… in olio extravergine di oliva. Anche questo è un errore (o forse una voluta falsità?), dato che le ricette tradizionali – almeno quella crotonese – prevede la frittura in olio di semi o di mais… In tempi antichi, in ogni caso, non si usava l’olio per friggere, bensì la sugna, lo strutto, il grasso ricavato dal maiale, conservato (anche quello) tutto l’anno.

Godetevi il vostro piattone di pipi e patate, chiamatelo come volete (alla napoletana, alla tarantina, alla crotonese, alla catanzarese): non importa. Ma almeno, se proprio volete raccontarne la storia, fatelo bene.

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