Le immagini che arrivo dal Mar Jonio fanno oramai parte di un tragico spettacolo al quale, in fondo, ci siamo abituati. Non sappiamo ancora il numero esatto dei dispersi, non sappiamo quanti erano in quella barca. Sappiamo solo che se ne solo salvati una decina, in quello che è l’ennesimo naufragio lungo i tanti decantati chilometri di costa calabresi.

Nella tragedia, però, permettetemi di annotare un fatto “positivo”, se così possiamo definirlo. Perché la Guardia Costiera ha ripreso ad intervenire a largo, anche molto a largo: questa volta il mayday è stato lanciato ad oltre 120 miglia nautiche dalla costa, ossia oltre 220 chilometri dalla terraferma. Ed è arrivata sul posto rapidamente, ancor prima che l’imbarcazione – quasi sommersa – affondasse.

Una dimostrazione lampante di un soccorso in mare esemplare, avvenuto purtroppo tardivamente ma non per colpa delle forze dell’ordine, che da dopo il naufragio di Steccato di Cutro hanno iniziato ad essere onnipresenti, anche a tali distanze.

Con l’estate gli sbarchi aumenteranno sensibilmente, e con loro anche i morti. Questo naufragio (avvenuto a poche ore di distanza da un altro caso, nel canale di Sicilia) ci conferma che le politiche migratorie nazionali poco possono fare, se non tentare di ostacolare qualcuno disposto a morire. E di fatti muoiono. Giorno dopo giorno. Senza pietà.

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