Ieri pomeriggio è stato confermato lo scioglimento del Comune di Tropea: una notizia attesa ed in fine dei conti data per scontata, vista la durata delle attività della commissione d’accesso che negli ultimi sei mesi ha passato al vaglio le attività dell’amministrazione comunale. Era solo questione di tempo.
Il noto borgo turistico, simbolo della Calabria in Italia e nel mondo, è da tempo al centro di diversi scandali che hanno interessato persino la Direzione Distrettuale Antimafia, visto il presunto condizionamento delle cosche nella vita amministrativa. Circostanza purtroppo estremamente frequente in Calabria.
Una vicenda, questa, dal quale si può prendere spunto per muovere una critica alla tanto decantata “nuova narrazione” della Calabria che stiamo provando a seguire già dall’elezione di Jole Santelli, riproposta poi dal reggente Nino Spirlì (ve lo ricordate?) ed oggi dal governatore Roberto Occhiuto. Tutti convinti che bisogni parlare anche di un’altra Calabria, e non sempre delle cose negative.
Che è giusto, perché la Calabria non è solo ‘ndrangheta. Ma la sola narrazione non cambia le cose, non le migliora. Se puntiamo ad una narrazione diversa e basta, puntiamo sostanzialmente a chiudere gli occhi di fronte a tutto il marcio che ancora c’è, in Calabria.
Tropea può essere un esempio lampante di questa metafora. Borgo incantevole, meta turistica per eccellenza, tappa ambita sia da connazionali che da turisti esteri, immagine della Calabria onnipresente in trasmissioni televisive, riviste ed online. Eppure, il peso delle cosche si sente anche qui. Al punto da far sciogliere persino uno dei Comuni più premiati e blasonati della regione.
Un evidente cortocircuito, che dimostra come non basti “sponsorizzare il bello” della nostra terra senza una solida base al di sotto.
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