In queste ultime settimane si stanno concretizzando dei provvedimenti che puntano innegabilmente alla sottomissione dei giornalisti. E lo fanno con misure repressive, definite dall’OdG come pulsioni autoritarie e dal FNSI come misura incivile, che inasprirebbero le pene per il reato di diffamazione.
Parliamo del cosiddetto lodo Berrino, dal cognome del senatore di Fratelli d’Italia che lo ha presentato. Parliamo di un decreto legge ancora in fase di valutazione, che prevede fino a 4 anni e mezzo di carcere ed una multa fino a 120 mila euro per il reato di diffamazione a mezzo stampa, e dunque rivolto esplicitamente ai giornalisti.
Vale la pena ricordare che per il reato di diffamazione – normato dall’articolo 595 del codice penale – è già prevista la reclusione. Nello specifico, il terzo comma parla proprio della diffamazione mezzo stampa, punita con una reclusione da 6 mesi a 3 anni e con sanzione non inferiore a 516 euro. Qualora la diffamazione sia rivolta a corpi istituzionali o politici, la pena è persino aumentata.
Essendoci già un riferimento normativo specifico, viene da chiedersi per quale motivo la maggioranza di governo abbia pensato di inasprire le pene per i giornalisti. Ma un’idea ce la possiamo fare, dato che sempre la maggioranza di Governo ha approvato un altro emendamento che, almeno sulla carta, riguarderebbe la par condicio.
Questo testo – che tocca solo i giornalisti della Rai – sarà applicato già per le prossime elezioni europee, e prevede la possibilità per un politico di parlare senza limiti di tempo e senza contraddittorio. Un monologo, sostanzialmente, duramente criticato dal principale sindacato interno alla televisione pubblica.
Premesso che bastano le reti Mediaset a lavare la faccia al Governo, penso che neppure dalle loro parti si pensi a delle ospitate del genere. Un dibattito senza contraddittorio è di fatto un comizio elettorale, che viene imposto anche nel servizio pubblico. Anche in questo caso, che urgenza c’era nel presentare questo emendamento?
L’urgenza, in questo caso, sono le prossime elezioni europee. Ma appare anche come un avvertimento, che apre all’inasprimento delle pene per chi non si allinea. Il tutto mentre in Europa si continua a lavorare contro le intimidazioni ai giornalisti, e da noi si cerca ancora di sottometterli, con le buone o con le cattive.
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