Come ogni anno sogno (letteralmente) di partecipare al Salone del Libro di Torino. Un sogno dettato non tanto dal desiderio di prendere parte ad uno degli eventi culturali più grandi d’Italia, ma più concretamente dai costi impossibili che rendono la città inavvicinabile.
Tralasciando l’aspetto logistico e del viaggio in sè, e dunque le oggettive difficoltà che si incontrano per raggiungere il salone dalla Calabria (rappresentate in primis dai costi, sempre loro), anche gli alloggi più scarsi partono da prezzi di 120, 130 euro a notte. Senza contare quelli proposti in partnership dal Salone, che “offrono” cifre astronomiche.
Solo tra viaggio, alloggio, biglietto d’ingresso (che potrei evitare con un accredito stampa) e biglietti per i mezzi si parla di almeno 500 euro, se viaggiassi da solo. Una cifra insostenibile, che non può essere giustificata dal solo evento in sè, che per quanto importante è pur sempre una fiera di librai.
Il non poter partecipare, da una parte, mi fa rabbia. Perché si ripete spesso che la cultura è libera e deve essere garantita a tutti. Poi però ti imbatti in uno degli eventi più importanti a livello nazionale, e ti rendi conto che ad avere più importanza è lo status: non tutti ci possono partecipare.
Non mi resta che “accontentarmi” – come ho sempre fatto, del resto – degli strumenti di cultura libera da sempre disponibili per tutti, o di quelli appena scoperti.
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