Quest’anno mi ero riproposto di organizzare, una volta per tutte, un bel viaggetto in Andalusia: cosa che rimando da anni ormai, e ne avrei voluto approfittare per via dei prezzi (finalmente) più accessibili per un viaggetto all’estero.
L’idea era quella di sfruttare le festività religiosa per visitare quei luoghi che bramo da tempo: Cordova e Siviglia in prìmis, con estensione fino a Cadice. L’idea c’era, il tempo pure… mancano solo i soldi. Come sempre, d’altra parte. E quindi niente Spagna.
Devo però ammettere che esistono tanti altri riti simili anche qui in Calabria, e si possono “sfruttare” (mi si passi il termine) per visitare il circondario. Ad esempio, questa mattina sono stato a Petilia Policastro a seguire la processione ed il pellegrinaggio della Sacra Spina, ed al netto di tutto ho assistito ad un calvario notevole.
Pur non avendo alcun interesse per l’aspetto religioso della pratica (in questo, la “celebrazione” di una spina della corona del Cristo) è sempre particolare vedere dove la devozione possa arrivare. In questo caso, oltre alla coreografia – con tanto di soldati romani che presidiavano la chiesa – penso ai “penitenti”.
Figure il viole, dal cappello a punta, che scalze hanno portato sulla schiena una croce di legno per oltre 5 chilometri di cammino, tutti in salita, fino al santuario. E poi penso al “povero cristo” (è il caso di dirlo) che si impésa la croce più pesante, e veste rosso scuro.
C’è un non so che di arcaico, forse anche di mistico, in queste cose. E spesso per assistervi non bisogna neppure andare così lontano.
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